-Core
Paul Audia Band
Italia
Pubblicato il 21/04/2020 da Francesco Brunale

E’ strana la storia di Paul Audia. Il musicista italiano è dotato di un enorme talento nel suonare la chitarra e nello scrivere canzoni rock toste, belle e melodiche, ma nel nostro paese è poco conosciuto. Anzi, sembra quasi che nessuno voglia accorgersi di lui, nonostante la sua musica abbia il DNA dei grandi che gli potrebbe permettere di fare il giro del mondo in carrozza. La verità, come si potrà capire dalle parole che traspaiono in questa intervista, è che per il rock tradizionale in Italia c’è sempre poco spazio. Dopo aver messo in soffitta gli Audyaroad, autori di un ep e due dischi, il chitarrista milanese, che qualche anno fa ha lavorato con sua maestà Billy Sheehan, ha creato un altro progetto, ovvero la Paul Audia Band, un power trio che ha realizzato da qualche giorno il suo cd d’esordio, Desolation, che è possibile trovare solo sulle piattaforme digitali. Questione di costi, si dirà. E’, altrettanto, innegabile, però, come nelle sette canzoni presenti in questo lavoro si respiri rock a 360 gradi. Non c’è una nota fuori posto e vi è un sound tradizionale, ma che suona moderno, aspetto assolutamente da non trascurare. Audia, su questo punto, è concorde: “Si è vero. Questo è un disco tendenzialmente molto classico, ma allo stesso tempo moderno, sia da un punto di vista dei suoni, ma anche degli arrangiamenti. In Desolation ci sono le nostre radici che possono andare dai Led Zeppelin fino ad arrivare ai Mr. Big che sono un gruppo che io adoro”.

Ad ascoltare il cd ci si rende conto che ha un alto potenziale commerciale, nel senso che i brani, che sono altamente rock, avrebbero tutto per essere passati in TV o in radio. Sono canzoni che hanno delle grandissime melodie, ma sembra quasi che in Italia per un certo tipo di musica ci sia sempre meno spazio. Che idea ti sei fatto?
Qualsiasi paese è sempre più evoluto rispetto all’Italia. In passato mi arrabbiavo tantissimo, perché non capivo per quale ragione un certo tipo di cose, con una qualità medio alta, non potessero andare. Poi, con il passare del tempo, mi sono tranquillizzato. Ci sono sempre delle concause quando le cose non vanno per il verso giusto. In primo luogo il budget della produzione di un disco deve essere importante, ma soprattutto è la promozione quella che conta. Oggi le persone devono capire chi sei tramite i social che sono un mezzo davvero fondamentale. Al giorno d’oggi non esiste più l’etichetta che ti finanzia. Andando, poi, nello specifico ti accorgi che il rock italiano lo ascoltano in pochi. Purtroppo questa è la verità. Ora come ora non mi fa più rabbia questa cosa, perché sono maturato. La musica non ti può far star male.

Sei di Milano che negli anni novanta aveva una scena fantastica. Attualmente come è la situazione dalle tue parti?
A Milano è cambiata la cosa rispetto agli anni novanta. Ad essere sincero, però, il mio tipo di rock non è mai esistito, almeno per come la vedo io. Le band che ci stavano a Milano in quei tempi non avevano il mood che ho io. Oggi, poi, sono decisamente cambiati i tempi rispetto ad allora e la scena milanese supporta poco e quindi automaticamente il mio progetto stenta a decollare.

Ritornando a Desolation, balza alle orecchie un aspetto fondamentale, ovvero quello che hai messo a servizio della canzone la tua tecnica chitarristica in modo da rendere omogeno tutto il discorso. E’ voluta come cosa oppure è qualcosa che è venuta fuori casualmente?
E’ assolutamente voluta questa cosa. Precedentemente ho parlato dei Mr. Big e devo dire che loro sono i migliori al mondo a fare queste cose. Sono dei grandissimi musicisti, ma hanno sempre messo prima della tecnica l’abilità nello scrivere canzoni che potessero andare dritte nella testa e nel cuore della gente. Devo anche dire che io non ho mai avuto quella super dote tecnico meccanica. Non è il mio forte piantare giù la tecnica su un brano. La mia caratteristica è quello di scrivere le canzoni, anche perché loro sono quelle che restano. Faccio un esempio. Jimi Hendrix, oltre ad essere un fenomeno, perché lo conoscono? Sapeva scrivere le canzoni come pochi, ma questo aspetto sembra quasi passare in secondo piano.

Il lavoro è così bello che fa quasi rabbia che ci siano solo sette brani. E’ una scelta voluta?
Le canzoni sono sette, perché questo è il numero perfetto. In realtà questo disco non doveva neanche uscire. Attualmente mettere sul mercato un disco costa tanto ed in pochi lo prendono in considerazione. Oggi tutti ascoltano le singole canzoni su Spotify e non i dischi, come accadeva un tempo. Non volevo fare più quella roba di scrivere e fare uscire il disco, ma poi tutto è accaduto. Alla fine questo lavoro è stato registrato in un mese, anche se c’erano delle idee che avevo scritto due anni fa. Desolation è totalmente prodotto ed arrangiato da me. E’ stato mixato da Frank Altare. Sono stato aiutato dal bassista Francesco Ravasio nella produzione, mentre il cantante Marco Ferrara ha proposto dei suoi brani che io ho arrangiato, come, ad esempio, Faster Life. Alla batteria ci sono Stefano Brizzi e Matteo Bonassi che si sono divisi il lavoro.

Hai parlato in precedenza dei Mr. Big. In pochi sanno che hai lavorato ed inciso un ep con Billy Sheehan. Come è nata questa collaborazione?
Questo binomio è nato semplicemente, perché sono stati notati i miei pezzi da Matt Starr. E’ stato lui che mi ha offerto l’opportunità di suonare con Billy. Sinceramente rimasi scioccato quando mi venne detto. Sono cresciuto con i Mr. Big e con il mito di Ritchie Kotzen e Paul Gilbert. Billy ha suonato con David Lee Roth, quando il suo chitarrista era Steve Vai. Se vai al Guitar Center di Los Angeles vedi gli altarini di Sheehan. E’ una vera e propria leggenda vivente. La cosa strana in tutto questo è che voi di Suffisso Core siete i primi che mi chiedete una cosa del genere, considerando che questa è la prima intervista che faccio in tre anni.

E’ la prima intervista in tre anni, nonostante avessi anche una band come gli Audyaroad che aveva fatto uscire lavori di grande spessore. Perché questo progetto è stato accantonato?
Il progetto è andato in cantina, perché c’è stato un cambiamento artistico da parte del sottoscritto. Ho voluto puntare direttamente su di me ed a quel punto ho portato avanti il mio nome. Ora la mia band è formata da un bassista, dal cantante degli Audyaroad e da un batterista. Alla fine siamo in quattro anche se in copertina siamo in tre. Ci sono state delusioni su delusioni che ho accumulato nel corso degli anni ed alla fine ho deciso di chiudere quel progetto. Figurati che non so neanche quanti dischi ho venduto con gli Audyaroad.

Da un punto di vista dei concerti come è la vostra attività?
Anche qui la situazione non è facile. Fino a due anni fa riuscivo a suonare con una certa continuità. Poi sono finito in mano ad un booking e devo dire che ho suonato poco. Alla fine mi sono dedicato di più alla produzione. Devo dire che ho molta forza in me stesso, anche se ho capito in maniera netta che le probabilità che una persona di talento non abbia successo sono assolutamente elevate. Di certo continuerò a lottare per portare avanti la mia musica, ma andare contro il mondo non serve a nulla. Purtroppo sino ad adesso le cose sono andate in questo modo, ma potrebbero anche cambiare in meglio.

Per concludere, progetti per il futuro?
Sinceramente, con la tragedia del Corona Virus, non so rispondere a questa domanda. Ci saranno nuovi brani che verranno fuori, ma ad oggi con questa situazione è tutto un punto interrogativo.

Paul Audia Band
From Italia

Discography
Desolation - 2020
No Longer The Same - 2021