Due dischi messi fuori a giugno è roba da fantascienza, se pensiamo al periodo che stiamo vivendo ed alla difficoltà che il mercato musicale sta attraversando da tempo immemore. Per Gianni Maroccolo, però, le consuetudini e lo stile abitudinario sono elementi da infrangere ed ecco che, a distanza di pochissimo tempo, i fan di Marok si ritrovano tra le mani due gioiellini. “Alone IV” è la continuazione dello splendido progetto Alone che ormai sta assorbendo l’ex bassista dei Litfiba da anni, mentre “Nojo; volevamo suonar” è il classico fulmine a ciel sereno, visto che è un lavoro scritto a quattro mani durante la pandemia con l’ex cantante dei Ritmo Tribale Stefano Rampoldi, in arte Edda. Chiaramente è proprio da quest’ultimo album che partono le dichiarazioni di Maroccolo: “Questo disco non era preventivato nella maniera più assoluta. Noi ci conoscevamo da anni e durante le ultime volte che ci siamo visti, ci siamo sempre salutati cazzeggiando, facendoci la promessa di andare a Sanremo o di suonare qualcosa insieme. Nel frattempo, con il passare degli anni, si è raggiunta una bella intesa da un punto di vista umano. Con la rivisitazione della canzone di Don Backy “Sognando”, che è presente su “ALONE IV”, mi è venuto in mente lui. Mi sono accorto che era stimolato dal pezzo, tanto che ha registrato la sua voce con un microfonino di un ipad. Alla fine, dopo questa collaborazione, c’è venuta la voglia di farci un disco insieme. Si è iniziato a lavorare a distanza con Edda che stava a Milano a casa del padre ed io nella mia abitazione. Le cose si sono manifestate spontaneamente e velocemente. Poi è venuta l’idea di fare la nostra parte in un momento delicato per tutti ed abbiamo condiviso questo regalo che ci siamo fatti. La Contempo, che è la mia etichetta, ci ha supportato ed ha regalato il disco al pubblico, facendo solo pagare le spese di spedizione”.
Il lavoro compositivo è frutto del momento oppure avevi canzoni ferme nel cassetto da qualche tempo ed hai pensato di poterle utilizzare con Edda?
“Diciamo che sono cose abbastanza miste. La cover di “Castelli Di Sabbia” era da tanto che volevo farla. Ho buttato giù un arrangiamento, a Stefano è piaciuto e ci ha cantato su. “Esce Il Sangue Dalla Neve” è un brano di Stefano che non lo aveva mai soddisfatto in passato. Altri pezzi come “Stai Zitta” ed “Achille Lauro” sono venuti fuori al momento”.
Come mai un incontro così particolare tra te e l’ex cantante dei Ritmo Tribale è avvenuto solo oggi e non, magari, negli anni novanta?
“Io non lo so. Per natura io sono una persona che ha sempre dritte le antenne e riesco a captare i segnali che la vita ci manda. Diciamo che fare un disco era una cosa che entrambi volevamo realizzare da qualche anno. Ci siamo annusati per lungo tempo, ci siamo apprezzati ed alla fine è venuto fuori questo lavoro. Dal nostro punto di vista è scaturito un album bello, perché la musica e i testi sono figli di un legame profondo che sta venendo su tra me e Stefano. Credo che questa collaborazione sia avvenuta nel momento giusto”.
In questo disco si avverte tanto un senso tuo di tranquillità e di serenità che riversi senza problemi nella musica. Da dove nasce tutto questo?
“Io credo che tutto questo abbia a che fare con il fatto che invecchiando, in qualche modo sia l’anima che l’esperienza ti fanno crescere. Ho imparato ad essere più tranquillo e ad avere meno timori. In passato non potevo esprimere tutta la mia musicalità, visto che vivevo nei gruppi dove, per forza di cose, qualcuno deve sottrarre sempre qualcosa. Per anni avevo mantenuto questo desiderio di tirare fuori questa mia parte compositiva e quando mi sono trovato da solo e senza la voglia di stare in un gruppo sono partito in solitaria. Questa cosa l’ho affrontata spensieratamente, perché sono sereno come essere umano”.
Ritieni che ci sarà la possibilità che questo disco venga suonato dal vivo?
“Le idee sono positive sotto questo punto di vista. Siamo andati avanti senza pianificare le cose e senza programmare. Verso la fine del disco ci siamo detti che vorremmo suonare dal vivo e questa cosa rientra nei nostri piani. Vediamo il futuro che cosa ci riserverà”.
Spostando l’attenzione su “Alone IV”, una domanda che mi sono sempre posto è se scrivi la musica pensando all’artista che deve intervenire nel progetto oppure no?
“Alone” si concentra sul flusso creativo e compositivo. E’ la prima scintilla compositiva quella fondamentale, dal momento che, invece di svilupparla, “Alone” la fotografa. Ci sta poco arrangiamento e molto poco orpello. Sui temi che affronta ogni singolo volume (questo affronta il concetto di diversità) ed a secondo della scintilla che la composizione iniziale ha, io mi immagino chi sarebbe bello avere per completare quell’atmosfera. In pratica, l’artista che viene chiamato porta un valore aggiunto che io non potrei dare. A quel punto provo a scrivere ai colleghi che mi piacerebbe avere come ospiti e tutti, sino ad ora, mi hanno sempre risposto positivamente. Cerco artisti emotivamente coinvolti su temi specifici”.
Tra gli episodi più riusciti, io credo che ci siano i due con Moltheni. Qual è la tua opinione a riguardo?
“Di lui ho sempre apprezzato le canzoni e il modo di scrivere, oltre al suo rigore verso la musica. Avendo il disco pochi momenti di distacco, ho pensato di chiedergli di intervenire e di lasciarlo libero di comporre quello che voleva. Doveva entrare a gamba tesa all’interno dell’economia del disco. Ha avuto degli spunti incredibili e stranamente non ha voluto cantare. Ha voluto rimanere sullo strumentale ed è sorprendente quanto ha fatto. In apparenza il suo intervento ti fa staccare dalla tensione, ma non è così, perché ne crea ancora di più. Ha trattato l’argomento della follia con molta sobrietà, pur essendo un tema pesante. Non era detto che ci si trovasse bene, ma alla fine il prodotto che ne è venuto fuori è di grande qualità”.
Qualche giorno fa hai aperto una riflessione sul progetto Alone cercando di confrontarti con i fan. Cosa ti ha spinto a fare ciò?
“Alone” è nato per non avere una cifra stilistica definita e per non stare all’interno di un solo genere musicale. Qui è tutto molto aperto. In questo senso, “Alone” mi permette di non avere catene. Credo che sia un progetto bello, ma rimane sempre di nicchia. Fortunatamente non devo stare dietro alle classifiche o alla promozione. Il problema è capire se questa sorta di ispirazione tardo adolescenziale rimanga ancora viva. Ogni volume aggiunge sempre qualcosa a quello precedente. Se non dovessi sentire più questo passettino in più, allora cercherei di capire se devo andare avanti. “Alone” non ha problemi di filiera, perché fondamentalmente è un prodotto che va direttamente dal produttore al consumatore e per questo mi piace confrontarmi con i fan e con chi si è abbonato per essere vicino a questo progetto. Certamente una persona come me si pone sempre la domanda se è ancora all’altezza della situazione. Sono al quarto volume ed ancora non ascolto questi dischi uno di seguito all’altro. Ho cercato, con quella riflessione, di conoscere quali siano i feedback intorno a me, anche perché è molto difficile capire il proprio lavoro se si è da soli. Andrò avanti, tanto che altri quattro volumi sono in cantiere”.
Tra le tue tante attività c’è anche quella di produttore. Negli anni novanta hai prodotto tanti capolavori che hanno fatto la storia del rock in Italia. Attualmente hai contribuito a lanciare i Life In The Woods. Come ti trovi ancora nelle vesti di produttore?
“Erano diversi anni che non producevo in studio. Alla mia età inizia ad essere faticoso stare in studio. Inoltre mi ero fermato perché molte volte mi sono trovato dinnanzi a dischi nati e morti nel giro di un mese. Alla fine mi sono capitati i Life In The Woods che sono bravissimi e mi sono fatto prendere. Ho prodotto il loro ep ed in autunno arriverà l’album. Per quanto riguarda altre cose inerenti la produzione, ti dico che ho coprodotto il primo disco solista di Cristiano Godano”.
Ed in futuro?
“Vedremo, anche perché si vive alla giornata. Io penso che molto dipenda dal momento in cui si vive. Chiaramente, andando avanti con gli anni, per arrivare a produrre un nuovo artista, devi trovare qualcosa che ti lasci secco”.
Sei stato parte integrante della storia del rock italiano, sia come musicista di band incredibili come Litfiba, CCCP, CSI e Marlene Kuntz e sia come produttore. Dal tuo osservatorio qual è lo stato attuale di salute del rock?
“Ho un’idea particolare e quando ne parlo, molto spesso, vengo frainteso. Dico solo che il rock è diventato un qualcosa di simile alla musica classica od alla lirica, dove non succede molto di nuovo, visto che tutto è già stato detto. Si va avanti nel riproporre quella musica nel miglior modo possibile e noi siamo in questa dimensione. Una musica acquista il suo senso, nel momento in cui nasce o determina un cambiamento radicale a livello sociale, di costume e politico. Vissuta in quel contesto sprigiona tutta la sua forza e tu sei parte di una avanguardia che sta proponendo un nuovo modello di vita. L’avanguardia attuale non può essere tale, se si ispira a qualcosa che è successa tanti anni fa. Con questo non dico che il rock è morto, visto che io compongo sempre con l’attitudine rock, ma è altrettanto inutile pensare che ci siano avanguardie che possano sconvolgere il rock n roll. Bisogna, a mio avviso, fare delle rappresentazioni della musica rock. Oggi il rock non è più il linguaggio musicale che rappresenta i nostri tempi”.
Una domanda sui Litfiba non posso non fartela. Quest’anno ricorre il quarantennale della band. Non pensi che sarebbe bello mettere fuori il materiale del tuo periodo che ancora non è uscito ufficialmente, ma che si conosce solo a livello di bootleg?
“Di materiale nascosto credo non ve ne sia, nel senso che tutto è stato messo fuori e registrato in varie forme ed è nelle mani dei collezionisti dei Litfiba. Probabilmente mancano all’appello le due/ tre versioni del brano “17 RE” che penso non verranno mai pubblicate. Sono quelle le uniche cose che i collezionisti non conoscono. Certamente sarebbe bello rimettere fuori in digitale queste cose, ma non siamo mai riusciti a trovare l’accordo tra noi quattro. Nel caso dei quaranta anni, posso dirti che l’ultima volta ci siamo visti tutti e quattro a Livorno e ci siamo detti di fare qualcosa. Allo stato attuale non c’è niente all’orizzonte. Poi devi sempre pensare che io faccio parte della storia dei Litfiba per 1/3. Gli altri 2/3 hanno visto come protagonisti Piero e Ghigo e saranno eventualmente loro a decidere”.
Per chiudere, hai detto che vivi alla giornata, ma immagino che qualcosa bolle in pentola. Che cosa ci puoi anticipare?
“Sto già pensando al quinto volume di Alone in considerazione anche dei ritmi che mi sono imposto tra un disco ed un altro. Sicuramente ci saranno dei concerti con Stefano e qualche live per presentare il disco da solista di Cristiano Godano”.