Il 28 Agosto è uscito il vostro secondo album. Sensazioni?
Non è facile spiegare quello che si prova in questi momenti. Abbiamo dato vita a qualcosa che ha richiesto parecchio tempo e sacrifici, non tanto per quel che possiamo intendere a livello compositivo ma più a livello pratico e umano. La sensazione è molto simile a quella del del debutto ovvero c’è tanta agitazione e felicità.
Qual era la vostra visione quando si è formata la band? Quanto è cambiata adesso che sta per ‘Moments’?
Abbiamo sempre vissuto la band come “un gruppo di amici che suona”. Qualcuno potrebbe pensare a una visione un po’ troppo adolescenziale, ma io sono convinto che la buona musica nasca nei gruppi di persone estremamente affiatate e legate. Negli anni la visione non è cambiata, anche se abbiamo dovuto fare i conti con tante cose che hanno logorato i rapporti e che in alcuni casi ci hanno costretti ad alcuni cambi di line up.
Perché ‘Moments’?
“Moments” perché questo album racconta i nostri momenti e non solo. Sono convinto che Moments sia in grado di parlare della vita di tante persone, dei momenti di sconfitta, di rinascita, di riscatto, dei rapporti umani, della vita, della morte e altre domande esistenziali che ti tormentano arrivati a una certa età.
Qual è stato il momento più memorabile della vostra carriera fino adesso?
Non è facile dirlo perché abbiamo avuto la fortuna di passare dei bei momenti grazie alla nostra musica. Ricordo con una certa gioia un paio di concerti in particolare: Istanbul insieme ai Dark Tranquillity e i Sonata Arctica e Madrid insieme ai Rhapsody Of Fire. In quelle situazioni il pubblico ci ha veramente regalato qualcosa di unico. Sono quei momenti in cui capisci che tutto quello che hai fatto alla fine ha un senso.
‘Spread Your Fire’ è aperta da un riff che più thrash non si può. Cosa vi ha spinto a scrivere un pezzo così heavy?
Tutti ci definiscono Power e lo siamo, lo saremo sempre, ma io spesso definisco la band Power-Heavy, perché alla fine noi proveniamo dall’Heavy Metal. L’heavy ci ha cresciuto, il power è arrivato poco dopo.
Di cosa parla il testo? E nel complesso di cosa trattano i testi?
Il testo di ‘Spread Your Fire’ parla di una rinascita, l’introspezione che porta ad affrontare i propri demoni, scoprire le proprie risorse, il proprio “fuoco”. La vita è spesso inclemente, le persone sono spesso poco umane, ma dentro noi stessi c’è quel fuoco che ci farà tornare a vivere, segnati ma più forti.
Quali sono le altre tracce chiave dell’album?
È veramente difficile fare un discorso del genere con un album come ‘Moments’. Tutte le canzoni hanno un incredibile valore per noi ma potrei citare ‘Immortal’, ‘Streets Of Memory’, ‘Just Ice’ e ‘Somewhere’. Queste hanno a mio avviso delle caratteristiche uniche.
Sono trascorsi quasi dieci anni da ‘Back To Life’. Perchè così tanto tempo? Cosa è successo dopo l’EP ‘Perseverance’?
Come si può intuire dalle risposte precedenti, la vita purtroppo non è tutta rose e fiori. “Back To Life” aveva avuto un grandissimo riscontro nonostante non avessimo le armi che
abbiamo ora. Vivere queste cose porta irrimediabilmente a cambiare le persone, nel bene e nel male. La verità è che lo scheletro di “Moments” era già pronto nel 2013 quando Cristiano Battini registrò tutte le batterie, ma allo stesso tempo nel 2013 praticamente non esistevano più i From The Depth. La situazione è difficile da spiegare ma non eravamo in grado di portare avanti questo album perché ormai i rapporti all’interno della band si erano totalmente logorati e, cosa non da poco, Davide Castro ci stava abbandonando per questioni lavorative. Eravamo totalmente allo sbando. “Perseverance” è stato un intermezzo per spezzare il silenzio, almeno dal punto di vista discografico ma non ne vado per niente fiero. L’ingresso in band di Santo Clemenzi ha portato alla band la speranza necessaria per non mollare e, detto onestamente, non so se esisteremmo ancora se non fosse per lui. Vuoi metterci i problemi personali? Anni di peripezie musicali e della sfera privata mi hanno portato a non essere più in grado di portare avanti il carrozzone. Questo “sonno” ha portato a dei live sporadici e a una quasi totale assenza mediatica. Nel 2017 posso dire di essermi risvegliato e grazie all’aiuto di Santo Clemenzi abbiamo registrato un singolo-cover dei Type o Negative dal titolo ‘I Don’t Wanna Be Me’, l’ultima vera registrazione con Alessandro Cattani. Da quel momento in poi le cose sono migliorate, anche grazie all’ingresso in band di Gianpiero Milione e Simone Martinelli alle chitarre.
Quando avete iniziato a comporre il nuovo materiale? É stato un processo complicato?
Il materiale è stato composto quasi tutto nel 2013, ovviamente parliamo del primo scheletro che ha ben poco a che fare con quello che potrete sentire a breve. L’album è rimasto a prendere polvere fino al 2017/2018 e ha preso questa forma direi nel 2019.
Cosa avete chiesto a Simone Mularoni in termini di missaggio?
Simone Mularoni è attualmente il migliore sulla piazza per il genere. Io e Santo eravamo orientati per un sound più spigoloso, volevamo delle chitarre molto pesanti e una batteria molto presente. Le tastiere ci sono ma sono anche meno invasive di “Back To Life”. “Moments” necessitava di un muro di suono e di una cura dei dettagli tastieristici che solo Simone poteva garantirci. Il risultato a mio avviso è impeccabile.
Di recente avete cambiato la coppia di asce. In cosa pensate di avere migliorato maggiormente?
Alessandro Cattani era un grande ritmico e un bravissimo compositore ma avere due chitarristi amplia la possibilità di soluzioni melodiche e ovvia all'assenza di un tastierista fisso
in line up. I nuovi arrivati sono tanto giovani quanto bravi. Ho sempre avuto un buon istinto per la scelta dei musicisti e quando ho messo gli occhi su di loro non ho esitato a contattarli per renderli parte della famiglia. Sono due persone meravigliose e due chitarristi fenomenali, totalmente diversi tra loro e sono sicuro che insieme daranno vita a intrecci musicali piuttosto inediti. Un’altra cosa da non sottovalutare è la passione; Gianpiero e Simone sono giovani e carichi come noi agli esordi mentre Alessandro purtroppo non viveva più la band nello stesso modo.
Come sono nate le collaborazioni con Roberto Tiranti e Giacomo Voli?
Sono entrambi amici da una vita, io e Giacomo eravamo in classe insieme alle superiori e con Rob la storia è un po’ più assurda da raccontare, magari un’altra volta. “Moments” era un album che richiedeva tanto a livello di backing vocals, quindi ho radunato una squadra per aiutarmi nell’impresa. L’apporto di Rob e Giacomo è incredibile, però mi sento di ringraziare di cuore anche tutti gli altri: Santo Clemenzi, Marco Olmedi, Ros Crash, Angelo Guidetti, Stefano Nusperli, Marco Spitale, Jennifer Ferretti.
Cosa rappresenta l’uomo “trasparente” in copertina?
E’ una sorta di metafora della vita e del tempo che passa, la struttura del corpo è ben definita ma pian piano “svanisce” e lascia il posto al suo fantasma. Fa parte del concept che c’è dietro l’idea della copertina che è stato magistralmente interpretato da Peter Sallai nel suo artwork.
Quali sono i migliori album power metal che avete ascoltato negli ultimi anni?
Il power è un genere che soffre da parecchi anni e purtroppo posso indicare solo pochi album che ho apprezzato negli ultimi 8 anni: Vision Divine - ‘Destination Set to Nowhere’ - ‘When All The Heroes Are Dead’, Stratovarius – ‘Nemesis’, Rhapsody Of Fire - ‘The Eighth Mountain’ – ‘Into The Legend’, Labyrinth - ‘Architecture of a God’. Diciamo che fino al 2012 le cose per il genere andavano decisamente meglio
(parole di Raffaele "Raffo" Albanese)