Perchè dopo tanti anni sei ritornato a utilizzare il nome Moltheni?
Perchè le canzoni riesumate erano state scritte quando ancora mi chiamavo così. E' molto semplice.
La cosa che sorprende, ma neanche tanto, è la qualità eccelsa delle canzoni. Come mai all'epoca decidesti di non inserirle all'interno dei tuoi lavori?
Perchè la quantità di pezzi che scrivo è sempre molto più ampia di quella che poi viene di fatto inclusa in un album. In ogni mio disco indipendentemente dalla firma con il quale esce, il risultato finale è frutto di una cernita di brani, che inevitabilmente determina tantissimo materiale scartato. Sono da sempre un musicista affezionato al concetto di duro e costante lavoro, di conseguenza nella pre-produzione scrivo e compongo tantissimo.
Che effetto ti ha fatto riascoltare questi brani a distanza di tantissimi anni?
E' stato molto romantico e stimolante, anche dovuto al fatto che, molti vagamente li ricordavo. Tuttavia ho dovuto affrontare molte fasi prima della sua registrazione, quindi è stato anche un processo lungo e a modo suo faticoso. Tutto è partito da una ricerca coadiuvata da Nica Lepira e Massimo Roccaforte, poi sono passato alla scelta dei pezzi secondo un criterio estetico ma anche tecnico, considerando ogni minimo dettaglio. Successivamente mi sono dovuto approcciare al completamento dei testi, là dove erano incompleti o addirittura semi-inesistenti. Dopo di che è sopraggiunto il grosso lavoro del riarrangiamento delle singole canzoni, per poi affrontare l'ultima fase che è stata quella della produzione e registrazione dell'album assieme a Bruno Germano. Grazie al maniacale lavoro di Davide Cristiani sono riuscito a mixare il disco come sognavo, la mano esperta di Giovanni Versari infine ha fatto il resto, con un master perfetto ed equilibrato.
L'album è caratterizzato da una forte componente acustica, ma anche da un profondo senso della melodia. Gli arrangiamenti sono spettacolari. Quali furono i tuoi punti di riferimento di quegli anni?
Come molti musicisti, ancor più nella fase giovanile della carriera, anch'io ho avuto molte influenze che hanno condizionato il mio lavoro. Esse si sono differenziate da album ad album, da ciclo a ciclo, non è possibile quindi citare tutta la musica passatami sotto le mani in quegli anni. I classici del rock erano e sono rimasti insostituibili nei miei ascolti, presumo che, come ora, anche allora ascoltassi più o meno lo stesso tipo di musica. Sono stato un grande appassionato di folk, ma anche di hard rock, di stoner, di psichedelia. Tutto mi ha influenzato; gli Smiths vissuti sulla mia pelle negli anni ‘80, Soundgarden, Jim O'Rourke, Tortoise, Jeff Buckley, Black Mountain, QOTSA, Radiohead, Nick Drake, sono stati i miei riferimenti, ma anche tantissimi altri nomi minori e/o semisconosciuti.
Facendo un salto nell'attualità che idea ti sei fatto della situazione riguardante la musica italiana?
Non mi sono fatto nessuna idea poichè la seguo marginalmente. Mi piacciono pochissimi progetti. Non avendo Spotify e stando poco in rete mi perdo tanta musica, ma obbiettivamente non lo considero un limite, poichè so a priori che mi sfiorerebbe e nient'altro. Isolarmi e disconoscere mi pesa poco.
L'opera di riscoperta del tuo archivio è terminata oppure dobbiamo aspettarci altre operazioni simili a 'Senza Eredità'?
Non ne ho la più pallida idea. Probabilmente no, anche se confesso che non programmo mai il mio futuro lavorativo. Quello che sarò e che farò lo deciderà il tempo assieme alle circostanze.
Hai nostalgia dei tempi andati oppure vivi il presente meglio del passato?
Sono un nostalgico per eccellenza, ma non ne faccio una malattia. Vivo il presente programmatico, e mi circondo di passato nelle manifestazioni umane che mi interessano. Film, libri, musica, abbigliamento, hobby, ma sempre senza restarne schiavo. Il presente come sappiamo tutti, è decisamente poco interessante, se non nefasto, quindi lo prendo in considerazione esclusivamente per ciò che riguarda la mia vita privata, la famiglia, il mio lavoro e le persone a cui voglio bene.
Hai qualche rimpianto in relazione alla tua carriera ante Umberto Maria Giardini?
No, se li avessi vivrei male. I rimpianti sono sicuramente parte del bagaglio di vita di ognuno di noi, ma averne credo sia tanto umano quanto deleterio. Se tornassi indietro quasi sicuramente mi dedicherei alla musica classica, che considero molto più stimolante di altri generi, ma rifarei esattamente tutte le scelte che ho fatto. Il mio scopo è stato sempre quello di non danneggiare nessuno e di circondarmi nei limiti del possibile di persone positive e oneste.
Ora come ora ipotizzare concerti è impresa titanica. Esiste, ad ogni modo, una volontà di portare in tour queste canzoni oppure ritieni che sia una cosa inattuabile.
Non mi sono davvero posto il problema. Più in là vedremo quali possibilità ci saranno adeguandoci di conseguenza. Ho alle spalle un attività live considerevole, partita prepotentemente nel 1999 e durata tra alti e bassi fino all'anno scorso. Nonostante suonare davanti ad un pubblico sia un emozione indescrivibile insostituibile, non ho la fotta di pretendere quello che momentaneamente no si può. Se accadrà, quando accadrà, ci sarò; diversamente me ne starò a casa sereno continuando a scrivere.
A nome Umberto Maria Giardini dobbiamo aspettarci qualcosa oppure hai nuovamente voglia di ritornare a essere chiamato Moltheni.
Il progetto Moltheni si è definitivamente chiuso nel 2010. "Senza eredità" è solamente un album postumo, dove sono stati raccolti brani scritti nel passato e mai rientrati negli album che caratterizzarono la carriera sotto questa firma. Stop. Attualmente mi sto dedicando giorno e notte al nuovo album di Stella Maris, convinto di avere tra le mani un disco straordinario. Approfittando dei tempi che stiamo passando mi concentrerò nella scrituttura e nella definizione di esso, promettendo agli amanti del genere, un disco davvero incrcredibile. Come UMG sono momentaneamente fermo, ma chi mi conosce lo sa; rimettermi a scrivere e annunciare un nuova uscita è per me un dettaglio da poco. Se potessi e se mi fosse permesso pubblicherei tranquillamente tre album di inediti all'anno, tuttavia credo sia anche giusto che ogni lavoro si nutra di un intervallo di tempo complice e silenzioso, che possa far decantare in modo naturale il ciclo precedente. Come dire, "ogni cosa a suo tempo" (cit.)
Un saluto affettuoso da Bologna da Umberto Maria Giardini.