Sono trascorsi sette anni da ‘Vemod’. Perchè avete impiegato così tanto tempo a tornare nei negozi?
Prima di tutto abbiamo deciso di lavorare ad un doppio album e questo ha raddoppiato l’impegno sotto tutti i punti di vista. Poi ci eravamo rivolti ad un produttore americano per il mixaggio ma il suo lavoro non ci è piaciuto affatto. Voleva per forza alzare le tastiere, senza capire che non abbiamo un tastierista dal vivo. A quel punto ci siamo rivolti a Marcus Ferreira Larsen dei Demon Head. La pandemia in realtà non ha influito in maniera diretta anche se ovviamente ha comportato rallentamenti e problemi di altro tipo. Infine Ole Pedersen Luk ha deciso di farsi da parte e dedicarsi al suo progetto solista Afsky. Ciò non gli ha impedito di cantare sul disco e di comporre il quarto capitolo ovvero l’elemento del fuoco, ma prima di immettere ‘IIII’ sul mercato volevamo annunciare il nuovo cantante.
É stato difficile trovare un sostituto?
Non è stato semplice, ma non tanto per la mancanza di candidati quanto perché cambiare le abitudini di una band è sempre qualcosa di delicato. Con Ole c’era grande feeling, anche se il suo interesse nei confronti dei Solbrud era costantemente diminuito. David Hernan è venuto a trovarci in sala prove quando abbiamo diffuso tra gli amici e gli addetti ai lavori la notizia che stavamo cercando un sostituto. Ci siamo subito trovati molto bene dal punto di vista umano e le sue capacità sono evidenti.
Vi siete occupati dei quattro elementi. Come avete lavorato al concept?
In realtà la scrittura è stata molto naturale. L’aspetto più complicato è stato fare in modo che ogni capitolo rientrasse nei ventidue minuti tipici del lato di un vinile.
Quanto sono cambiati i vostri obiettivi in tutto questo tempo?
L’obiettivo è sempre stato avere abbastanza canzoni per potere registrare e pubblicare un album. Diventare una black metal band importante ed esibirci nei più grandi festival al mondo è venuto di conseguenza. Cerchiamo di proporre qualcosa di coerente per chi ci segue da tempo, ma soprattutto per noi stessi.
In termini di produzione volevate cambiare qualcosa?
L’approccio è stato decisamente old-school. Ci siamo concentrati sul suono di chitarra e batteria e abbiamo cercato di dare risalto ad alcuni dettagli. É stato un lungo processo.
Qual è la traccia chiave?
Secondo noi ‘Hvile’, perché introduce l’ascolto ed è anche la traccia più lunga di tutto il lavoro.
Una storia particolare è quella dietro a ‘Sjæleskrig'?
Abbiamo deciso di registrarla di nuovo dopo che era inizialmente uscita in versione live su 'Levende I Brønshøj Vandtårn'. É una traccia che mostra come nel nostro spettro di influenze non ci sia solo metal estremo.
Pensate che ‘IIII’ possa conquistare più fan sul mercato americano o su quello europeo?
Non è facile rispondere. Posso dirti che stiamo ricevendo feedback importanti anche da oltreoceano. Siamo fan del black metal americano, così come di quello scandinavo e di altre realtà europee come per esempio i Rotting Christ. Cerchiamo di risultare originali e la scelta di puntare su un concept sui quattro elementi con contributi compositivi da diversi membri è nata in questa ottica.
Quali sono i vostri piani adesso?
Il 10 febbraio suoneremo a Copenaghen, al DR Koncerthuset, mentre a marzo saremo a Aalborg e Odense.
Avete ancora la sala prove dove scattammo le foto promozionali con Katja Michaelsen?
No, ci siamo spostati in un bunker qualche anno fa, ma all’interno del vinile puoi trovare uno scatto simile a quello che uscì da quella sessione fotografica.