Se hai letto la mia recensione di 'The Day Of Victory' il primo aspetto che ho sottolinato è come i Dark Lunacy siano riusciti a mantenere la propria integrita' artistica verso il pubblico e soprattutto verso sè stessi..
Ti ringrazio moltissimo Lorenzo. Siamo partiti nel 2001 con un contratto discografico vero e proprio ed il sodalizio con la Fuel Records ci ha dato possibilità che tanti ragazzi oggi non hanno. Abbiamo l'opportunità di avere una visibilità ampia e di conseguenza quello che facciamo è comunque in virtù di uno sbocco commerciale. Il fatto che l'album sia stato licenziato in molte nazioni estere è un incentivo ad andare avanti e fare sempre meglio. Purtroppo molte realtà valide si fermano dopo un primo prodotto eccellente per via del mercato saturo e di un calderone in cui non riescono ad emergere. Il digitale è un'arma a doppio taglio, una volta c'erano meno band mentre adesso escono tantissimi album e quindi l'attenzione va scemando. Detto questo continuiamo ad essere noi stessi semplicemente perché ci piace. Abbiamo una certa esperienza e non dobbiamo dimostrare nulla a nessuno.
A differenza di tante altre band, aldila' della qualita' della musica, si percepisce un'attenzione notevole per immagine, promozione, testi ed arrangiamenti. Questo è sempre più raro da trovare e soprende ancora di più perché proviene da un gruppo italiano..
Sono un classe '72 e quando ero ragazzino passavo il sabato pomeriggio al negozio di dischi e curiosavo tra le copertine delle nuove uscite. Non c'era YouTube, le riviste erano ridotte al minimo e quindi andavi molto ad istinto. Guardavi l'immagine della band nel libretto e da quello capivi spesso la personalità o l'atteggiamento. Capitava anche di prendere qualcosa di sbagliato ma quando il look si sposava con l'atmosfera della cover quasi sempre si trattava di una band importante. Questo per dirti che ci teniamo moltissimo a fare vedere che c'è un background alle spalle, persone che lavorano e sanno quello che fanno. Dalle foto promozionali alle interviste che rilasciamo. Per quanto concerne i testi non essendo una band pop possiamo permetterci di pubblicare un album ogni quattro anni e renderlo davvero qualcosa di significativo. Studiamo il contesto ed il concept, niente è detto per caso e vogliamo che tutto sia al posto giusto. Perdo tantissimo tempo dietro alle liriche e quando vedo un album nei negozi è davvero appagante. Poi è chiaro, facendo musica sei sul mercato e devi essere pronto a qualunque giudizio. Anche quelli negativi sebbene noti sempre rispetto. Tante volte mi hanno detto “quello che fate non mi piace ma è interessante”. Si percepisce comunque che c'è tanto impegno dietro all'album,
Quanto è difficile pubblicare un dvd indipendente e realizzarlo di qualità?
Potrà sembrare un paradosso ma nessuno è profeta in patria ed infatti siamo andati a Città del Messico.. Qui il range di persone ai nostri spettacoli è circa di cento persone. Una volta era più alto ma adesso la crisi e la saturazione degli eventi hanno complicato le cose. In Sud America ed in Russia invece c'è una grandissima attenzione nei confronti dei Dark Lunacy. La label messicana con cui collaboriamo da tempo ci ha proposto di fare uno show come si deve e registrarlo. Avendo un sicuro rendiconto ci hanno messo in condizione di realizzare un concerto importante e curare tutti i dettagli con professionisti del settore e di conseguenza non potevamo lasciarci sfuggire l'occasione. Pensa cosa significa farsi ottomila km ed andare dall'altra parte del mondo oppure avere i Voivod di spalla... Tante volte non mi spiego questa costante esterofilia che c'è in Italia. Se arriva una band norvegese è pazzesca, se lo stesso genere lo propone una band italiana lo spettatore assiste allo show a braccia conserte ed aspetta l'errore per dimostrare che non merita quel posto. Lo trovo veramente assurdo.
Oltre il Messico e la Russia quali sono i vostri maggiori mercati?
Andiamo molto bene in Giappone dove ci sono dei vincoli più stretti per scaricare. In Sud America siamo forti anche in Colombia, Argentina e Brasile. L'altro giorno ero nella sede della nostra etichetta a Milano e ho saputo che 'The Day Of Victory' sarà licenziato pure in Vietnam, Cambogia e probabilmente in Indonesia. Questo è il nuovo mercato. Ormai in Europa è tutto saturo e fai fatica a trovare la giusta collocazione.
Abbiamo dovuto aspettare quattro anni per il successore di 'Weaver of Forgotten'. Cosa é successo nel frattempo ai singoli componenti del gruppo?
La formazione da cinque membri è tornata a quattro come alle origini. Abbiamo comunque mantenuto quasi tutta la line-up di 'Weaver Of Forgotten', è andato via un chitarrista ed è stato sostituito il bassista anche se in realtà Andy Marchini dei Sadist aveva fatto pochissime date e quindi Jacopo Rossi, già con Nerve e Antropofagus, era già parte della band. Ci siamo resi conto che “viaggiare” con una chitarra e basta era la soluzione migliore. All'inizio eravamo titubanti ma in quattro siamo più snelli e due chitarre devono necessariamente “parlare” insieme. Questo lo puoi fare solo se provi parecchio e noi, essendo dislocati in tutta Italia, non proviamo quasi mai. Ormai abbiamo raggiunto una maturità tale che ci permette di trovarci direttamente sul palco. In questo modo è tutto più semplice e credo che sarà una scelta definitiva. A differenza di tante altre band siamo molto sereni quando parliamo dei Dark Lunacy e non ci sono scontri o punti di vista che devono essere chiariti per forza. Ognuno sa cosa deve fare.
Quanto tempo avete impiegato a comporre e registrare i brani?
Sono trascorsi quattro anni ma in realtà il tempo materiale che ci ha visti impegnati sull'album lo potrei quantificare in sei mesi. Essendo un lavoro molto particolare con cori rossi, tematiche delicate ed un disegno preciso, ogni aspetto è stato ponderato molto. Abbiamo fatto vari provini e lasciato passare dei mesi in cui analizzavamo il risultato. Un processo a singhiozzo che ha portato poi ad un'accelerazione finale negli ultimi quattro mesi nei quali abbiamo registrato, mixato e masterizzato. 'The Day Of Victory' era già pronto a settembre dello scorso anno ma non c'era fretta. Abbiamo pensato di pianificare bene l'uscita con la label.
Il concept dell'album è nato prima della composizione o quando qualche brano era già pronto?
Era tutto a zero ma l'idea del concept è antica. Si tratta di ciò che è rimasto da 'The Diarist', un'opera che mi ha dato tanto. Dal 2006 era rimasta la voglia di dire qualcosa a riguardo. Dopo 'The Diarist' però la band ha attraversato un momento critico, si è sciolta e poi l'ho riformata con membri differenti. A quel punto dovevo creare un album di passaggio e questo è stato 'Weaver Of Forgotten'. Trovata la stabilità ho ripreso il discorso.
In rete ho letto che secondo qualcuno 'The Day Of Victory' è una sorta di estremizzazione di 'The Diarist' ma non sono d'accordo. Secondo me c'è un legame evidente a livello lirico ma sono due dischi totalmente diversi..
Credo che tu abbia centrato il segno. Guai se avessimo cercato di replicare un album. La passione per l'epopea sovietica è palese ma credo che 'The Diarist' tenti di raccontarti una storia in modo molto dolce. 'The Day Of Victory' è più coraggioso e sfacciato. Non era affatto facile farlo così, la struttura delle canzoni è più serrata e non c'è la “famosa” via di fuga dell'apertura con gli archi. Se suoni black o death metal melodico dopo un riff fai un accordo largo di chitarra ed inserisci archi e violini in quantità. E' chiaro che l'ascoltatore viene rapito ma per noi è una soluzione scontata. 'The Day Of Victory' cerca di trasmetterti il suo tormento in maniera arrogante, è drammatico ma con personalità. “Se vuoi ascoltarmi io ti dico queste cose...”
Da dove nasce la passione per l'epopea sovietica? Hai studiato dei libri in particolare a riguardo?
Posso dirti che è la mia passione primaria. Il rapporto tra sacro e profano fa parte della mia adolescenza quando magari giocavo nell'oratorio e poi andavo al circolo di fronte. Anche nello sport rispettavo molto il valore dell'atleta finché mi sono imbattuto in autori come Lev Nikolàevič Tolstòj e Fyodor Dostoyevsky con i loro crescendo incredibili e grandi insegnamenti sociologici. In seguito ho visitato spesso quei luoghi per scoprire la loro cultura. Nel 2004 andando a San Pietroburgo ho conosciuto l'epopea dell'assedio di Leningrado. E' stata una casualità. Il cirillico è difficile da leggere e ho sbagliato una fermata della metropolitana. Mi sono ritrovato in una piazza bellissima con una scala che scendeva e delle candele che illuminavano la storia dell'assedio. Ero entrato in un museo senza accorgermene. Quello di Stalingrado lo conoscono tutti, il nemico avanzava dal Volga e si combattè mattone dopo mattone. Quello di Leningrado è invece molto più interessante. La città fu assediata nel vero senso del termine, si moriva di stenti e la resistenza di quella gente è stato il non arrendersi, senza sparare un solo colpo. Vennero organizzati spettacoli culturali e le librerie erano sempre aperte. Si poteva leggere pur non avendo nulla da mangiare. Ho poi trovato un libro bellissimo, 'I 900 giorni' di Harrison Salisbury, che racconta l'evento dal punto di vista imparziale di un giornalista americano. Ne ho fatta una fissazione e l'obiettivo con 'The Day Of Victory' era quello di raccontare cosa succedeva in quegli anni. Ognuno la interpreterà come vuole ma è importante che la gente sappia come sono andate le cose. La storia va avanti ma purtroppo l'uomo moderno è sempre più distratto e la memoria storica viene meno. Per me rappresenta il nostro futuro.
In termini di produzione cosa volevate modificare rispetto all'album precedente?
E' cambiato tantissimo. 'Weaver Of Forgotten' poteva essere molto meglio ma lo studio che avevamo scelto era adatto per un altro percorso. Manca infatti di alcuni passaggi. E' stato un precedente per non commettere i medesimi errori. 'The Day Of Victory' ha suoni molto caldi ma allo stesso tempo moderni. Odio le produzioni di oggi con tempi assurdi a 260bpm. La batteria è al suo posto, la chitarra aggressiva ma mai invadente, il mio modo di cantare classico ed il basso fa tutti i suoi giri e riempe il tutto. E' stato un grande salto di qualità ed il mixaggio è stato estremamente complicato. Le canzoni sono diritte ma se le ascolti bene ci sono tantissime chitarre che si intrecciano tra loro costruendo un suono unico, il basso non è a plettro ma a dita e quindi suona più gonfio e crea un alone di accompagnamento. Poi ci sono i cori che abbiamo considerato uno strumento a tutti gli effetti. E' stato come trovare un punto di incontro tra due epoche differenti. Ci sono volute almeno cinque volte prima di realizzare il master definitivo. Si è capito che abbassando i cori si sentivano di più perché inglobati nella ritmica metal.
Quali sono i brani con più layers?
Senza dubbio 'Red Blocks' e 'The Decemberist'.
Ti senti più cantante adesso?
Anche se studio canto mi sento un narratore. In passato abbiamo provato a fare dei pezzi puliti e venivano bene ma non avevano anima.
Ho una copia di 'Silent Storm' dai tempi di Psycho! Cosa ricordi delle registrazioni del demo 'Silent Storm'?
Credo che come disse Enomys, il nostro primo chitarrista, un giorno lo riascolteremo e sarà il più bello che abbiamo mai fatto. Più vanno avanti gli anni e più mi rendo conto che è vero. Non a livello tecnico ma ricordi che avevi delle speranze incredibili. Lo registrammo a casa sua con strumenti di fortuna e senza computer. Chiedemmo aiuto ad un fonico e per i cori ci rivolgemmo ad un coro parrocchiale di sei elementi. In seguito sovraincidemmo le nostre voci per farlo sembrare più imponente. L'ispirazione veniva soprattutto da 'Slaugher Of The Soul' degli At The Gates e 'Theli' dei Therion.
(parole di Mike Lunacy)