Sono trascorsi cinque anni da un album intrigante e ricco di contenuti come ‘Time I’ e cinque anni in un momento storico decisamente particolare per il music business possono essere un’infinità. Avevamo dato per dispersi i finlandesi, in rete si leggevano anche voci di un possibile ritorno di Jari Mäenpää negli Ensiferum, nel frattempo di nuovo nei negozi con l’eccellente ‘Two Paths’, e l’annuncio di un concept complesso non ci aveva rincuorato troppo. Adesso che ‘The Forest Seasons’ è realtà rimane l’amaro in bocca; un po' per la troppa carne al fuoco ed un senso di incompiutezza costante e un po' perché il concept di cui tanto si narrava ai tempi del crowdfunding si è rivelato di una banalità assoluta. Tecnicamente i Wintersun saranno anche bravi ma nascondersi dietro ad una produzione di plastica e arrangiamenti costruiti al computer non farà di loro delle superstar internazionali. Ispirati da “Le quattro stagioni” di Antonio Vivaldi, si smarriscono quasi subito in cori maestosi, stacchi ritmici carichi di groove e passaggi strumentali, caldi o freddi a seconda del periodo dell’anno di riferimento. Tutto dotato di grande pathos ma privo di concretezza. ‘Loneliness’, non a caso legata all’inverno, è nettamente la piece più interessante ma per entrare nella storia del metal serve ben altro.