Gli irlandesi sono stati una delle rivelazioni della scorsa edizione di Iceland Airwaves e difficilmente, molto difficilmente, chi emerge in quel contesto, fallisce poi al momento di immettere sul mercato il proprio materiale. Quando ho avuto modo di vederli sul palco del KEX ed in seguito di intervistarli, al bar dell’Harpa in un’atmosfera molto più tranquilla di quella che caratterizza le loro performance, il disco stava ancora prendendo forma ma molti pezzi della scaletta erano già stati pubblicati. Il romanticismo che si cela nella poetica di Grian Chatten è uno dei punto di forza di questa release che riesce fin da subito ad imporre un suono personale e vincente, pur mostrando una spiccata varietà compositiva. Il compito più difficile era trasportare tanta energia in studio senza finire per essere manipolati da qualche produttore o catalogati dalla stampa specializzata. Un compito portato a termine in maniera brillante attraverso una registrazione prettamente analogica ed in presa diretta ed un’elaborazione maniacale dei pezzi. Al di là dei titoli, sorprende la capacità di ridurre all’essenziale il minutaggio e non sbagliare pressocché niente. Non il solito disco punk rock insomma, niente a che vedere con l’indie tanto per capirsi, e una manciata di canzoni in grado di rimanere a lungo. Nella generazione di Idles, Shame e Fat White Family c’è posto anche per loro.