Due belle sorelline svedesi di nome Johanna e Klara, quest’ultima più vecchia di tre anni, hanno iniziato la loro avventura musicale con una versione di ‘Tiger Mountain Peasant Song’ dei Fleet Foxes che ha spopolato in rete. Da allora la stampa si è divisa tra chi ne ha apprezzato l’evoluzione, in un’ottica più matura e rock oriented, e chi le ha considerate come due bambole da mordi e fuggi. ‘Ruins’ è il loro quarto album quindi in un modo o nell’altro le Söderberg hanno saputo resistere in un ambiente malfamato come quello musicale e fin dai primi istanti si percepisce l’amore per la psichedelia anni ‘60 (‘It's A Shame’), il desiderio di distinguersi tra le icone folk contemporanee ed il ruolo giocato dal produttore Tucker Martine – già attivo con Beth Orton, Laura Veirs e The Decemberists – durante il processo. Il successore di ‘Stay Gold’ aggiusta il tiro, laddove ce n’era bisogno, e prosegue in una direzione sonora delicata e sensuale, molto intima e pacifica. ‘My Wild Swee Love’, ‘The Lion's Roar’ e ‘Hem Of Her Dress’ sono sorrette da superbe melodie che rimarranno con voi per i giorni a seguire. L’iniziale ‘Rebel Heart’ e ‘Postcard’ sono due pezzi scritti appositamente per infiammare le folle dal vivo mentre ‘To Live A Life’, tra Laura Marling e Joanna Newsom, apre ad un futuro di maggiore sperimentazione. Da segnalare la presenza di ospiti quali Peter Buck (R.E.M.), McKenzie Smith (Midlake), Steve Moore (Sufjan Stevens) e Glenn Kotche (Wilco).