Andiamo dritti al sodo. ‘Desolation’ è un disco fantastico per tre motivi. E’ prodotto magistralmente, è suonato da paura ed ha canzoni di elevato spessore. Punto e a capo. Potremmo finirla già qui la recensione del lavoro messo su dal trio guidato dal chitarrista Paul Audia, ma sarebbe ingiusto non addentrarsi all’interno di questo disco, composto da sole sette tracce. Si parte immediatamente con la title track che ha un tiro radiofonico importante, sebbene il termine commerciale non si addica a quelli che sono i connotati della band. Il livello sale enormemente di giri con ‘Faster Life’. In un periodo in cui si inneggia ai Greta Van Fleet e compagnia, è assolutamente incredibile pensare che nel nostro paese ci siano gruppi capaci di scrivere gioiellini come questo che in un’altra nazione, come potrebbe essere la Svezia, sarebbero in heavy rotation nelle radio ed in tv 24 ore su 24. Le sonorità che sono rock, con riferimenti ai mitici Black Crowes ed ai più recenti Black Stone Cherry, vengono maggiormente alla luce in ‘Midsummer Dream’, pezzo che trasuda rock da tutti i pori. Sembra quasi di trovarsi sulle rive del Missisipi con quella chitarra che sa tanto ZZ TOP, nonostante il ritornello sia molto più indirizzato al Richie Kotzen dei primi anni novanta. Paul Audia, che ha messo in soffitta i validissimi Audyaroad, si è divertito nel cercare soluzioni di grande impatto, senza scendere troppo in virtuosismi chitarristici che avrebbero potuto annoiare. La sua chitarra, suonata in maniera eccelsa, disegna melodie da sballo e ‘Stand’ avrebbe tutto per essere un altro singolo di successo con quelle sue atmosfere iniziali quasi new wave che si vanno ad incastonare in un coro che ti si appiccica immediatamente in testa. ‘Invisible Madness’ è un altro brano solido che fa tornare in mente una certa produzione rock del mai tanto apprezzato Jeff Healey, mentre ‘If I Hope’ è un altro pezzo da novanta con quegli squarci melodici che non possono lasciare insensibile chi ha voglia di rock suonato, così come i manuali del genere prevedono. Il lavoro, che in realtà è acquistabile su formato mp3, si conclude con ‘Try To Be Yourself’, altra canzone di stampo americano nel senso migliore del termine. In 30 minuti si chiude, dunque, un disco semplicemente strepitoso che ha un solo difetto, ovvero quello di avere al suo interno solo sette canzoni.