Il successore di ‘Heaven Upside Down’ non è solamente l’apoteosi della visione decadente del Reverendo ma un disco destinato a rilanciare le sue quotazioni, dopo la frattura alla gamba e le ancor più dolorose separazioni da Evan Rachel Wood e Twiggy Ramirez. Quelle ferite forse non sono ancora totalmente ricucite, nonostante gli anni passino per tutti, ma in fase di intervista ho potuto parlare con un artista lucido e determinato, non interessato esclusivamente a vendere dischi ma ad attrarre chi lo segue e cercare di farlo sentire parte di ciò che desidera trasmettere. In un periodo storico nel quale i media dettano le regole della politica, la confusione domina ed alle tipiche domande esistenziali si sono aggiunte perplessità sullo stato di salute di chi ci sta attorno, Marilyn Manson afferma che “avere misericordia è come commettere un omicidio” e che “noi stessi, individui privi di alcuna moralità, siamo il caos che perdura nell'universo”. Non che il suo messaggio sia mai stato troppo differente eppure la sua offerta musicale, a cui si aggiungono frequenti apparizioni cinematografiche ed esposizioni delle sue opere pittoriche, è tornata di disarmante attualità. Quello che in pochi si sarebbero aspettati è che un disco del genere potesse essere prodotto da Shooter Jennings, figlio del fuorilegge Waylon Jennings, musicista e produttore country, di recente attivo con Brandi Carlile e The White Buffalo (la sua impronta è evidente in ‘Don’t Chase The Dead’ e ‘Half-Way & One Step Forward’). Insieme i due hanno registrato dieci tracce mature e sofisticate, costruite su frequenti citazioni di David Bowie (il periodo di ‘Scary Monsters (And Super Creeps)’ come da lui stesso dichiarato) e Depeche Mode (su tutte le atmosfere industriali di ‘Black Celebration’ e le frustate elettropop di ‘Master And Servant’), dotate di una produzione fresca e moderna, che sarebbe potuta andare bene per le nuove uscite di Lana Del Rey o Taylor Swift. ‘We Are Chaos’ è un singolo azzeccato (“We are sick, fucked up and complicated. We are chaos, we can't be cured..”), ‘Perfume’ si regge sul solito beat alla “Beautiful People’ ma poi regala un coro da paura, e ‘Broken Needle’ (“I am a needle, dig in your grooves. Scratch you up, then I'll put you away..”) è una struggente ballata che chiude l’album a livelli difficilmente proponibili per chiunque. Manson non ha perso l’abilità di sporcare tutto in un attimo, di gettare ogni cosa nella violenza e nell’incertezza. La patina pop è solo un’illusione; non aspettatevi infatti melodie stucchevoli o ritornelli di facile presa ma un album costruito come un film di David Lynch ovvero pieno di stanze, armadi, cassetti, labirinti per l’intelletto e per gli occhi e figure mostruose che appaiono dal nulla. Un album che si distacca in maniera decisa sia dal lavoro precedente che dalle sperimentazioni di ‘The Pale Emperor’, rivestito di un fascino nero e profondo come lo sguardo dell’autoritratto posto in copertina.