Il nono album del gruppo originario di Brighton è stato prodotto dal batterista e programmatore Dan Searle e dal chitarrista Josh Middleton, e vede come ospiti Winston McCall dei Parkway Drive ('Impermanence'), 'Mike Kerr dei Royal Blood ('Little Wonder') e Simon Neil dei Biffy Clyro ('Goliath'). La recensione potrebbe terminare qui visto che un po' tutti, appassionati o meno di metalcore, sappiamo bene che gli Architects in termini di attitudine, energia e qualità del songwriting non sbagliano un colpo. Sam Carter è autore di una delle sue performance migliori in carriera e ciò che rende davvero letale il successore di 'Holy Hell' è la capacità di fare male senza risultare caotico o impulsivo come il suo predecessore. Una volta combattuto a fondo il dolore per la tragica scomparsa di Tom Searle, gli inglesi sono diventati ancora più astuti e solenni nel molestare i poveri ascoltatori con una serie di mazzate spettacolari. Quelli di 'Black Lungs' e 'Dead Butterflies' sono breakdown che lasciano il segno, la citata 'Goliath' è una traccia enorme ma la scaletta è ricca di momenti apicali come 'Dead Butterflies', 'Animals' e 'Meteor'. È nella sua globalità però che 'For Those That Wish To Exist' riesce a spingersi ai livelli di classici come 'Hollow Crown' e 'Daybreaker'. Assieme alle ultime uscite di While She Sleeps e Bring Me The Horizon, un altro botto per la scena metalcore britannica che ancora non è riuscita ad emanciparsi da quella americana, ma ci sta andando pericolosamente vicino.