Anche se l’esordio ‘Blues For A Dying Planet’, titolo bellissimo e quanto mai urgente visto quello che sta succedendo nel mondo, risale solamente a quattro anni fa, non siamo al cospetto di musicisti alle prime esperienze e lo strepitoso cantato che riscalda di minuto in minuto l’ascolto è opera dell’avvenente Frida Eurenius, la voce dei primi due album dei Lapis Lazuli (‘A Loss Made Forever’ e ‘A Justified Loss’). In quel caso le sonorità erano maggiormente orientate verso il symphonic metal mentre stavolta la materia trattata è un heavy psych rock, ricco di influenze folk e doom, che vi costringerà a recuperare negli archivi i dischi di Jefferson Airplane, Big Brother And The Holding Company, Curved Air, ma soprattutto vi riporterà alla mente formazioni più moderne e formidabili come The Devil’s Blood, autori del capolavoro assoluto ‘The Thousandfold Epicentre’, Avatarium, Sabbath Assembly e ancora Blood Ceremony e Jex Thoth. ‘Death Is But A Door’, illustrato da Jonathan Hultén con una grande mietitrice, è un secondo lavoro in studio fedele al suo predecessore ma che allo stesso tempo gode di una produzione evoluta, polverosa e tremendamente live oriented, che la band aveva già sperimentato con l’EP ‘Cult’. Il guitar work è di primo livello, il basso di Jonas è in costante primo piano e i colpi di rullante arrivano inesorabili a ricordarci quanto marziale e decadente possa essere certa musica. ‘Into The Night’ e ‘Somewhere In The Dark’ sono gli apici di una scaletta oscura e dilaniante nella quale emergono anche distese di acqua infinite, figure luciferine, loschi miraggi e spettri illusori.