Tanti spunti interessanti ma anche qualche idea un po’ riciclata. Questo l’omonimo esordio del nuovo progetto di Alex Lifeson, chitarrista dei Rush che ha voluto al suo fianco la cantante Maiah Wynne (attiva anche con Marco Minnemann), il produttore Alfio Annibalini e Andy Curran dei Coney Hatch. Nell’anno del definitivo ritorno dei Porcupine Tree, la nostra predisposizione alle evoluzioni del progressiva è elevata e non a caso ‘Envy Of None’ esce per Kscope, una delle poche etichette al mondo davvero di avanguardia. Immagino che quando sia arrivato il promo del disco negli uffici londinesi della label sia scattata una sorpresa notevole, non solo perché dei Rush e del loro percorso recente c’è ben poco ma perché il musicista canadese ha cercato di dare vita ad un’opera d’arte secondo tutti i punti di vista, dall’artwork agli arrangiamenti, dalla produzione alle liriche. In tal senso il verso “The world starts burning when your eyes meet mine, your black heart left open and there's nothing inside, you let your darkness show and now I know everything you said was just a lie” riflette un’analisi lucida di ciò che sta accadendo nel mondo. Come suggerito all’inizio della recensione almeno un paio di idee risultano un po’ stantie, ma nel complesso l’ibrido tra prog, heavy metal, industrial, shoegaze e alternative rock funziona. ‘Liar’ e ‘Look Inside’ sono stati scelti giustamente come singoli però anche l’iniziale ‘Never Said I Love You’, posta in tale ordine per svelare fin da subito le doti di Maiah, e ‘Old Strings’ sono episodi di eccellente fattura. Commovente l’omaggio a Neil Peart di ‘Western Sunset’ in chiusura.