Ascoltare la musica dei portoghesi mi permette di riflettere sul concetto di black metal e su quanto sia mutato nel tempo. La loro è un’interpretazione originale e dinamica del genere e la natura cupa e glaciale di ‘Mirage’ è stata modellata a più riprese, nel corso di circa due anni, perché si confacesse alle dimensioni di un doppio vinile. Da parecchio non si percepiva un’urgenza di questo tipo, ma soprattutto una prestazione vocale tanto catartica e coinvolgente, e Guilherme Henriques (Oak) ed il drummer Diogo Mota (Downfall Of Mankind) concedono poche pause all’ascoltatore. Il verbo anti-religioso e le referenze mitologiche sono parti integranti di una proposta ferale capace di distogliere lo sguardo dei fanatici dalle scene che da sempre possono vantare maggiore credito nella comunità black internazionale e pezzi come ‘Deluge’, ‘Arson’ e ‘Laude’ rappresentano la quintessenza di un pensiero coraggioso e rivestito d’oro che si pone alla ricerca di cascate di pura aggressività e angosciante bellezza. Chi li paragona ai Mgla fa un torto soprattutto a sé stesso, chi pensa che non possano dominare il movimento per il semplice fatto che non provengono dal Nord Europa si sbaglia di grosso. In ‘Mirage’ c’è tanta malvagità. Più di quanto si possa credere.