I Sagh sono un gruppo della Madonna. Talmente bravi che viene rabbia a pensare che debbano barcamenarsi con etichette dallo scarso potere in termini di promozione e distribuzione. Anticipato da un singolo sorprendentemente rock n’ roll come ‘House Of Worship’ – per cui è stato girato un video clamoroso con tanto di evocazione religiosa a metà tra le serate del Decadence ed un sulfureo rito sabbathiano - il sesto lavoro in studio dei norvegesi si distacca in modo significativo dal precedente ‘Memento Mori’ e non soltanto perché da allora sono trascorsi sei anni. L’approccio compositivo del trio è decisamente più sfrontato e melodico, le atmosfere sono sempre sinistre, gli arrangiamenti meno lugubri e il guitar work di Olav Iversen alquanto vario. Se in passato colpiva il suono compatto e monolitico del gruppo, adesso ogni canzone è diversa dall’altra e l’ibrido tra doom e hard rock di un’efficacia sbalorditiva, tra riferimenti a colossi degli anni ‘70 come Queen, Van Halen e naturalmente Black Sabbath. L’attitudine live della scaletta è spiccata e c’è posto pure per la reprise metal di una hit del cantautore di Bergen Jan Eggum.