Un black metal regale, spirituale ed evocativo. Un debutto ricco di invettive del passato ma che suona come un album dell’era moderna. Un debutto, soprattutto, che schianta il novanta per cento delle release black metal di oggi. Non so quanto sia positivo, ma di fronte all’oggettività c’è poco da discutere. Il progetto è nato tre anni fa per volontà del chitarrista Blasphemer (Rune Eriksen), noto per aver collaborato con gruppi come Vltimas e Mayhem. A Blasphemerm, strepitoso nei dieci minuti iniziali di ‘Blood.Sacrifice.Enthronement’, si è aggiunto il batterista francese César Vesvre (Agressor, Thagirion) e la visione è stata subito chiara. Siamo infatti al cospetto di un rituale perverso, con liriche in inglese, portoghese e norvegese radicate nella celebrazione e nella dedizione alla tradizione della linha da esquerda. Un tocco di Gaerea quindi ma anche dei Mayhem visto che l’idea è scaturita dalla scoperta di una musicassetta contenente dei riff inutilizzati di fine anni novanta. Il riferimento alla stregoneria ed al sentiero della mano sinistra della cultura Umbanda (‘Ao Rio’ e ‘O Sino da Igreja’) mi ha fatto pensare immediatamente a Demonologia Rivoluzionaria del Gruppo di Nun (‘The Triumph (Of Night & Fire)’ e ‘Black Royal Spiritism’). A completare la scaletta troviamo la nuova registrazione di ‘Fall Of Seraphs’, dal mini ‘Wolf’s Lair Abyss’, che vede come ospite Proscriptor McGovern degli Abus mentre l’artwork è stato realizzato da Sindre Foss Skancke (Diskord). L’album più inquietante dell’anno.