Un debutto stratosferico quello della creatura noise-pop di Austin, un luogo non a caso ma la sede di uno dei più grandi festival al mondo ovvero il SXSW. Al di là del suono spaziale che può vantare il vinile in questione, il gruppo guidato da Alex Capistran non disdegna divagazioni nello shoegaze o nel rock più puro, ma si pone l’obiettivo di definire la nuova psichedelia e lo fa con dieci canzoni in grado di trasportare l’ascoltatore laddove neppure i sogni riescono ad arrivare. La chitarra del leader si somma a quella di Nick Brown e l’effetto è quello di una multi-stratificazione, a tratti dolce e ridondante mentre in altri frangenti quasi punk, che tende a trascinare sempre di più man mano che passano i minuti. Alex Maas dei Black Angels ha saputo incendiare la materia, rendendo più acuti gli spigoli e accentuando il groove delle canzoni. I seguaci di Tame Impala, MGMT, King Gizzard & The Lizard Wizard e The Brian Jonestown Massacre diventeranno matti, ma anche chi è cresciuto con Sonic Youth e Fugazi oppure si immagina tuttora tra strani fumi su un’amaca a Joshua Tree, riconoscerà nei Daiistar un approccio compositivo di altri tempi. ‘LMN BB LMN’ e ‘Tracemaker’ illuminano la prima parte del disco e preparano il terreno per pezzi favolosi come ‘Purified’ e ‘Speed Jesus’ (chissà cosa penserà Bobby Gillespie dei Primal Scream…), che non faranno fatica a distinguersi nelle più importanti playlist di settore. In attesa di scoprire la magia dei Daiistar dal vivo, ‘Good Time’ è destinato a diventare un classico.