Il fatto che il successore di ‘Lake Drinker’ abbia debuttato al numero uno delle classifiche hard rock svedesi dimostra prima di tutto che non ci eravamo sbagliati quando avevamo incensato le doti del gruppo sludge-hardcore di Stoccolma e poi che in Scandinavia capiscono di musica molto più che dalle nostre parti. In quei luoghi gelidi c’è un’apertura mentale che noi ci sogniamo e anche la materia più estrema o aggressiva viene trattata con la stessa attenzione del pop o della musica indie rock. Rispetto al suo predecessore, questo terzo lavoro ha di fatto ampliato quelle che erano coordinate sonore già ben definite, rendendo più interessanti le dinamiche e mantenendo piuttosto oscura e decadente l’atmosfera generale. L’album è stato registrato in varie location tra cui i leggendari Atlantis Metronome Studios (ABBA), con la produzione di Anton Sundell ed il mixaggio di Simon So?derberg (Ghost). Tra gli ospiti troviamo anche Martin Hederos (The Soundtrack Of Our Lives) e Henrik Palm (In Solitude), che hanno contributo a rendere epico il tributo a Alrick Andersson ed al suo coraggio nel grande sciopero del 1909. Proprio a Horndal, proprio dove nessuno pensa di mettere mai piede in tutta la sua esistenza. Invece ‘Head Hammer Man’ non solo ci porta in questa città amena ma ci martella con tracce al limite del crust o del thrash (‘Fuck The Scabs’) ed altre improntate su una matrice postcore, plasmata con elementi presi in prestito dal death e dallo stoner. ‘Exiled’ e ‘Evictions’ suonano davvero inquietanti mentre ‘Famine’ apre le porte ad un futuro più contaminato dalla musica progressive.