Più gli svizzeri si allontanano dal metal estremo e più mi piacciono. Ascoltando singoli come ‘Kilonova’ o ‘Hide In Shade’ appare evidente come il progetto del polistrumentista Manuel Gagneux stia vivendo una fase di transizione importante. Per certi versi pure pericolosa, ma di quel tipo di “pericolo” che ci piace eccome. Nella prima delle suddette tracce l’influenza dei Tool è palese e le aperture melodiche ariose lasciano aperte tante porte per il futuro mentre nella seconda si percepisce un “contatto” maggiore con quanto pubblicato in passato, sebbene i battiti di mano in stile gospel e le liriche declamate a gran voce, prima dell’irruente ritorno delle chitarre, lascino trasparire coraggio da vendere. Il contributo di Marc Obrist e Denis Wagner è significativo e, scorrendo la scaletta, vi imbatterete in influenze spiritual-blues, stoner, perfino sludge, qualcosa di preso in prestito dai Faith No More e qualcos’altro di Dark Funeral o Meshuggah. La storia del Grifone, figura allegorica di riferimento per la Basilea medievale assieme a Leone e Uomo Selvaggio, arricchisce un ascolto che non è mai uguale di volta in volta. Questo è senza dubbio il pregio maggiore di un disco che non è certo commerciale ma che può essere benissimo apprezzato, almeno per due-terzi, anche da chi non ascolta necessariamente heavy metal. Sarà curioso vedere come si evolverà dal vivo il materiale, visto che pare ormai chiaro che Gagneux abbia deciso di dare lo spazio che si meritano ai suoi compagni di avventura.