Sono passati ben trentacinque anni da quando Greg Giuffria e James Christian decisero di formare i The House Of Lords con il chiaro intento di cavalcare l’onda dell’hard rock americano che stava finendo di esplodere i suoi colpi, prima di essere investito dall’ondata alternative che avrebbe riscritto la storia del rock dagli anni novanta in avanti. Da tempo Greg Giuffria non fa più parte degli House Of Lords, ma questo non inficia sulla forma di un gruppo che sorprende decisamente con un nuovo album che ha il merito di essere fresco e, soprattutto, ispirato come non mai. Le redini di tutta la macchina sono, da anni, nelle mani di un James Christian che fa pentole e coperchi supportato da una line up di tutto rispetto e quest’ultimo aspetto si rivela la vera e propria arma in più. Il quartetto suona alla grande e si diverte ad andare spedito come un treno in una traccia come la titletrack che ha una potenza non indifferente e in cui a fare la differenza sono le tastiere suonate da un mito come Mark Mangold. Ottima per melodia e impatto lo è anche “Cry Of The Wicked” e lo stesso si può dire di “Bad Karma” che non avrebbe sfigurato per bellezza nei “mitici” anni ottanta. Ci sono anche variazioni sul tema come dimostra il blues alla Cinderella di “Taking The Fall” che ricorda molto da vicino le composizioni che Tom Kiefer utilizzò nello stratosferico “Long Cold Winter”. Poi è tutto un susseguirsi di canzoni in pieno stile hard rock anni settanta come “You’re Cursede” che ha un grande ritornello che si stampa facilmente in testa. Il pomp rock fa capolino, anche se in chiave molto moderna, in “Not The Enemy”, mentre “I Don’t Wanna Say Goodbye” è il classico lento che non può/deve mancare in lavori come questo. A chiudere il tutto ci pensa un bel trittico formato da “Still Believe” (molto Bon Jovi prima maniera), “State of Emergency (crepuscolare e nostalgica) e la lunghissima “Castles High” in cui i quattro si sfogano sugli strumenti come se non ci fosse un domani.