Facciamo un salto indietro con la mente e pensiamo a cosa un ragazzo di diciotto anni poteva trovarsi dinnanzi musicalmente nel 1994. Da una parte c’era il grunge che stava esalando gli ultimi suoi respiri, mentre dall’altro lato dell’Oceano Atlantico, in Gran Bretagna precisamente, stava venendo fuori il brit pop che, da lì a qualche anno, avrebbe dominato le classifiche di tutto il mondo grazie a gente come Oasis e Blur. Nel mezzo, e più precisamente a Detroit, una band di nome Sponge pubblicava il suo esordio, “Rotting Pinata”, che sarebbe stato la propria croce e delizia. Perché? La risposta appare scontata. Questo lavoro è ancora oggi considerato inarrivabile all’interno di una carriera fatta di innumerevoli album, tanto che mai più il quintetto del Michigan avrebbe raggiunto picchi di creatività così alta, sebbene abbia messo in fila altri dischi di qualità. In tutto questo il 1994 rimane un anno a cui gli americani sono particolarmente legati, visto che proprio in questi giorni hanno deciso di pubblicare un disco di cover di brani storici e famosissimi che uscirono proprio in quella straordinaria annata. Senza entrare troppo nel merito sul coraggio di prendere in esame canzoni clamorose, c’è da dire che la band si muove benissimo quando si tratta di mettere al setaccio pezzi grunge o giù di lì quali “Interstate Love Song” degli Stone Temple Pilots o “No Excuses” degli Alice In Chains. La timbrica di Vinnie Dombroski ricorda tantissimo quella di Weiland e, soprattutto, di Layne Staley del quale, si diceva, avrebbe dovuto prendere il posto, cosa che poi non andò mai in porto, sebbene egli abbia lavorato ad un progetto interessante (Spys 4 Darwin) insieme a Mike Inez e Sean Kinney oltre che Chris De Garmo dei Queensryche. Oscura ed elettrica è la versione di “Girl, You’ll Be A Woman Soon”, cover degli Urge Overkill di un pezzo di Neil Diamond, divenuta famosa per essere la track iconica di “Pulp Fiction”. Quando i nostri si spostano in Inghilterra andando a pescare “Supersonic” degli Oasis e “Girls And Boys” dei Blur dimostrano di avere tantissimo coraggio. Le loro esecuzioni sono, per lo più, scolastiche e qualcosa chiaramente perdono rispetto agli originali, non fosse altro per la timbrica vocale inimitabile di Liam Gallagher e Damon Albarn. Clamorosa, invece, è la riproposizione di “The More You Ignore Me, The Closer I Get” di Morrisey che in questa versione elettrica rende particolarmente bene. Per il resto abbiamo “Savory” dei semisconosciuti Jawbox, una scolastica, ma efficace “Bull In The Heather” dei seminali Sonic Youth e la splendida “Fade Into You” dei Mazzy Starr. Alla fine ci si diverte sempre a riascoltare brani che hanno fatto la storia del rock e che sono usciti negli anni novanta. Si tratta, sicuramente, di nostalgia, ma anche di qualità, parola, pressoché, sconosciuta ai giorni nostri.