I brasiliani sono davvero una bella realtà dell’AOR mondiale. La loro musica, che prende chiaramente ispirazione dai maestri Journey, è fresca ed attuale ed ha quel “quid” in più grazie alla splendida voce del cantante Gui Oliver che impreziosisce ogni composizione con la sua ugola di platino in grado di raggiungere vette inarrivabili per la gran parte dei suoi colleghi. Il suo riferimento è assolutamente Steve Perry, ma circoscrivere il tutto a Journey e “similia” sarebbe irrispettoso e, soprattutto, riduttivo nei confronti dei sudamericani. In “Wide Open Sky” troviamo una bella commistione di hard rock, rivitalizzato e modernizzato, e di melodie ariose che si avvertono immediatamente in pezzi come l’iniziale “Tree Of Life” e l’impetuosa “SOS”. Le atmosfere risultano sempre molto intense e, di rado, troviamo rallentamenti che, comunque, fanno benissimo all’economia del disco. Ad esempio, “Coming Home” parte come una semi ballata dai contorni armonici e, anche, malinconici per poi trasformarsi in una pallottola impazzita piena di melodia e di ritornelli coinvolgenti. Con “A Letter To You”, invece, abbiamo il classico lento che sarebbe stato da classifica in altri tempi e momenti storici. Fa nulla, ad ogni modo, se si pensa che il prodotto finale di questo platter si mantiene sempre sul sette abbondante. Del resto, se ci si imbatte in tracce come “Hourglass”, trainata da un riff alla John Petrucci e la conclusiva titletrack ci si rende immediatamente conto che ci si troviamo dinnanzi ad una band ispiratissima che, probabilmente, è nata in un periodo temporale sbagliato. Siamo sicuri che negli anni ottanta i Landfall sarebbero diventati delle star di dimensioni mondiali, ma, come spesso accade in questi casi, non si può avere tutto dalla vita.