Dopo un paio di EP di pura misantropia, i bolognesi danno alle stampe uno dei migliori debutti death metal degli ultimi tempi. Un disco che fin dal principio prende a sberle l’ascoltatore, bilanciando in maniera eccellente una tecnica esecutiva con un approccio compositivo mai banale o prevedibile. Il guitar work degli ex-Lacerater Luca Sammartino e Marco Lambertini è di spessore internazionale e anche il cantato gutturale di Francesco Flagiello contribuisce a rendere originale una scaletta che poggia su riff giganteschi, giri di batteria terremotanti e cambi di tempo destinati a provocare danni al vostro collo (‘Until You Bleed’). Alcune parti sono cadenzate nella più comune tradizione del metalcore mentre altri frangenti sono tipicamente old school, con evidenti retaggi di Decapitated e Aborted (‘Every Day Is Like A Stab In The Chest’ e ‘Red Waters’). Le feroci ‘Vertebrae’ e ‘Nothing Left’ - un brano che a detta della band mette a nudo la fragilità dell'esistenza di fronte a conflitti che non lasciano scampo, divorando sogni, vite e speranze - simboleggiano un assalto al fulmicotone che non vediamo l’ora si materializzi in qualcosa di concreto e tangibile dal vivo. Un album micidiale, che esplora l'impoverimento umano, le paure inconfessabili e le guerre che devastano non solo i corpi, ma anche le menti. Un album che sarebbe già stato incensato da mezzo mondo se fosse stato pubblicato da una band americana o scandinava. Così non è e per questo dobbiamo fare tutto ciò che è nelle nostre possibilità per supportare questi ragazzi che non hanno da invidiare niente a nessuno.