Per capire bene i Doves, si deve amare la Gran Bretagna, le sue atmosfere, i paesaggi malinconici ed attraenti, le immagini ossianiche e l’affascinante tristezza che può regalare l’oceano in pieno inverno. Solo così, entrando in un mood che più british non si può, si riesce ad avere un contatto preciso e forte con la musica del trio di Manchester che, casomai ve ne sia ancora bisogno, si conferma una delle realtà più luminose che la terra d’Albione ha prodotto in quest’ultimo ventennio. “Constellations For The Lonely” è un album dai connotati intensi, pregno di canzoni che sanno di Doves dall’inizio alla fine. L’iniziale “Renegade”, uscita lo scorso anno come primo singolo, è un biglietto da visita enorme, presentato da una band che negli ultimi anni ne ha passate tante a livello personale. Siamo nel campo di una ballad forte, con il piano in evidenza e con dei giri melodici che si rivelano semplicemente meravigliosi. Stesso discorso vale per la successiva “Cold Dreaming”, a cui bastano un paio di ascolti per rivelarsi un altro gioiello. Pezzo, prevalentemente, acustico, arioso e, allo stesso tempo, decadente con un altro ritornello vincente, reso ancora migliore da un arrangiamento orchestrale di prim’ordine. Pensate ai primi Coldplay e migliorate alla centesima potenza la proposta. Ecco i Doves del 2024 sono questi e a volte ci mettono anche riferimenti a colleghi intoccabili, Radiohead del periodo “Kid A”, nell’ottima “In The Butterfly House”. Basterebbe questo trittico iniziale per dare un giudizio ultra positivo ad un lavoro che si mantiene costante e valido per tutta la sua durata. Il trio riesce a variare in corso d’opera, prendendo spunto dal low-fi dei Blur (periodo seconda metà anni novanta) in “Orlando” o cercando di virare verso il tanto amato new punk nella minimale “A Drop In The Ocean”. Il pregio maggiore di questo disco è che non ha momenti di down. Anzi, si caratterizza per il suo valorizzarsi con il costante aumento degli ascolti. Del resto, se uno si imbatte in tracce quali la pomposa “Last Year’s Man” o l’acustica “Saint Teresa” si renderà conto immediatamente come sia tutto perfetto dal punto di vista del songwriting e del sound che è maturato sempre di più rispetto ai pur soddisfacenti esordi. Con i Doves, dunque, si va sul sicuro e questa nuova fatica li collocherà ancora di più nell’olimpo delle migliori band del nuovo secolo che arrivano da quella terra dove si trovano paesaggi malinconici ed attraenti, dove è facile imbattersi in immagini ossianiche e dove si gustano i sapori grigi di un mondo affascinante ed unico nella sua particolarità.