E' come se la malinconia avesse svuotato anche il vigore, le membra stanche non potessero produrre altro movimento che un respiro affannoso, l"esistenza fosse ormai uno stillicidio che scivola addosso senza nemmeno creare un solco. Così i Katatonia prendono le mosse dalla maturazione culminata col meraviglioso "The Great Cold Distance" e, una volta trasfigurati in farfalla, racchiudono il loro mal di vivere all"interno di una nuova crisalide. Un bozzolo caldo, soffice e rassicurante, come se la dimensione artistica della band concepisse soltanto lo scopo di un continuo processo evolutivo, invece della mutazione finale a cui esso condurrà. Eppure, le sensazioni dolcemente plumbee provocate da questo album non dipingono un gruppo imprigionato dentro sè stesso, ma piuttosto un restante brandello di mondo, forse quello più vero, che impotente si ritrova chiuso fuori. "Night Is The New Day" racconta la storia di un"oscurità eterna, al cui cospetto è uno sforzo vano anche alzare lo sguardo al cielo, cercando un barlume d"aurora che infonda almeno un minimo di speranza. Una rassegnazione dimessa che, come scritto in apertura, musicalmente si traduce in una fisicità decisamente minore rispetto al potente dinamismo del disco precedente, ma se possibile sposta ancora più avanti le frontiere creative dei Katatonia. Le trame di chitarra diventano al tempo stesso più fluide e stratificate, si fondono in armonia con tastiere dal gusto moderno e vagamente elettronico come liquidi di diverse densità in sospensione, mentre l"incedere compassato della sezione ritmica si concede qualche sporadica tentazione drum"n"bass e la voce algida di Jonas Renske s"impossessa della scena fin dalle prime battute, senza abbandonarla fino all’ultimo mortale sospiro. E" bene sottolineare come il trademark della band non venga mai snaturato da un sostanziale alleggerimento del suono (in tal senso il primo singolo "Forsaker" è fuorviante) e che non ci troviamo assolutamente al cospetto di un esercizio tedioso e compiaciuto. Anzi, in questa circostanza la tensione non più garantita dall"impatto strumentale viene sviluppata da un’angoscia drammaticamente espressionista, che si alterna a soavi aperture melodiche dall’effimero sapore liberatorio. Se è proprio necessario azzardare un paragone scomodo per la cifra stilistica delle personalità coinvolte, risulta quasi naturale immaginare gli Opeth più eufonici e passionali alle prese con brani essenziali ed immediati. Non è quindi un caso se lo stesso Mikael Åkerfeldt ha incluso "Night Is The New Day" tra i lavori migliori da lui ascoltati nell’ultimo decennio e, concedendoci un pizzico di presunzione, se noi ci troviamo perfettamente d’accordo con lui. Album oggettivamente magnifico.