1. Shadow In Our Blood 2. Dream Oblivion 3. The Fatalist 4. In My Absence 5. The Grandest Accusation 6. At The Point Of Ignition 7. Her Silent Language 8. Arkhangelsk 9. I Am The Void 10. Surface The Infinite 11. Iridium
Songs
1. Shadow In Our Blood 2. Dream Oblivion 3. The Fatalist 4. In My Absence 5. The Grandest Accusation 6. At The Point Of Ignition 7. Her Silent Language 8. Arkhangelsk 9. I Am The Void 10. Surface The Infinite 11. Iridium
Il tempo. La percezione del suo scorrere non coincide sempre, all’interno nostro animo, con quella empiricamente segnata dalle lancette di qualsiasi orologio. Dieci anni (e qualche mese) tra ‘Projector’ ed oggi, eppure un’infinità pare essere trascorsa, un’infinità nell’attesa che ‘We Are The Void’ giungesse a recarci tachicardia, vertigini e confusione. Allucinazioni al cospetto di un’opera d’arte di bellezza straordinaria, parto del genio dei padri fondatori del melodic death metal. Perché tanto accade a chi si imbatte nel nuovo capolavoro dei Dark Tranquillity, che a lungo hanno fatto soffrire i più devoti sostenitori con una serie di lavori in studio dal valore tra il mediocre e l’ottimo, comunque al di sotto delle illimitate possibilità del sestetto di Göteborg. Musicale affezione da sindrome di Stendhal, onirica contemplazione della Bellezza sonora: alcune tracce di profondità inferiore, reminescenza del passato che infine i nostri si sono buttati alle spalle, non compromettono l’eccellenza complessiva dell’album, inciso con sapiente mano attraverso momenti di raffinata aggressività (‘I Am The Void’), strepitante ponderatezza (‘The Grandest Accusation’) ed abbacinante oscurità (‘Iridium’). Mikael Stanne, tra liriche in growl e clean vocals, si conferma cantante rigoroso e appassionato, tra i migliori del genere. Niklas Sundin si riscopre fautore di emozionanti assoli, Martin Henriksson gli tiene testa e le dueling guitars che ne scaturiscono riportano la mente ai fasti di ‘The Gallery’. Onesto alla batteria lo storico Anders Jivarp. Daniel Antonsson, confermato bassista ufficiale dopo il Where Death Is Most Alive Tour non fa rimpiangere il dimissionario Michael Nicklasson, e Martin Brändström riesce finalmente a non rovinare il lavoro dei compagni, risultando persino valore aggiunto, con tastiere (quasi sempre) ben inserite nel contesto. Desiderio esaudito. Prostriamoci dunque innanzi ai Dark Tranquillity, veneriamoli e adoriamo come folli il Vuoto, da cui scaturisce la più pura Bellezza.Poiché non v"è nulla di sano nell"adorazione della Bellezza, è troppo splendida per non esser folle.
1993 Skydancer 1995 The Gallery 1997 The Mind's I 1999 Projector 2000 Haven 2002 Damage Done 2005 Character 2007 Fiction 2010 We Are The Void 2013 Construct 2016 Atoma 2020 Moment 2024 Endtime Signals