Inutile dire che Zakk Wylde è un mostro di chitarrista. Inutile anche sottolineare la sua capacità negli ultimi anni di non limitarsi alle mere parti strumentali e agli assoli di chitarra. E’ doveroso concedere al discepolo di Osbourne il merito di avere raggiunto un notevole livello compositivo permettendo ai suoi Black Label Society di ottenere ottimi risultati. Ma visto che siamo dei critici e dobbiamo sempre cercare di essere obiettivi non possiamo tacere su un album che non ha lo spessore delle precedenti uscite e che stranamente splende solo in uno o due pezzi. Forse il chitarrista di ‘No More Tears’ ha calcato la mano insistendo troppo su quel trademark che negli ultimi anni aveva garantito un buon successo di critica e di vendite. I continui riferimenti a Ozzy (‘Suicide Messiah’) appaiono per una volta fuori luogo e in ogni caso ‘Mafia’ difetta di quella potenza che avevamo assaporato sulla nostra pelle in passato. A lungo andare la macchina si incanta e le canzoni appaiono improvvisamente tutte uguali e di una noia mortale. Certi che si tratta solamente di un errore di percorso, probabilmente dovuto a logiche di mercato che a volte sfuggono alle regole della creatività e della musica intesa come tale, attendiamo Wylde al varco per ritrovare quell’hard rock sanguigno e viscerale di cui un po’ tutti sentiamo spesso la mancanza.