Sono sincero. Quando ho ascoltato 'Helvetios' ho subito pensato che gli svizzeri avessero raggiunto il loro apice assoluto e oltre quello non potessero più andare. Non che mi dispiacesse perché comunque nel giro di una decina di anni hanno pubblicato un quantitativo importante di materiale ma comunque avvertivo un po' di tristezza. Ricordo ancora la prima volta che ho intervistato Chrigel Glanzmann e mi sono trovato al cospetto di un giovane compositore quasi imbarazzato nel muoversi in un ambiente discografico che conosceva appena. Con lo scorrere degli anni la consapevolezza nei propri mezzi è aumentata a dismisura e con essa la consistenza qualitativa delle release degli Eluveitie. Nel frattempo il folk metal è passato da genere per pochi a fenomeno di massa con tour organizzati appositamente e label affannate nella rincorsa a band del settore. Un clamore che si è già quietato da un paio di anni ma che comunque vede ancora dei protagonisti di assoluto livello. Tra questi gli Eluveitie non hanno mai perso il primato e 'Origins', che non è un ritorno alle proprie radici come il titolo potrebbe fare pensare, è un altro magnifico esemplare da godere in tutte le sue sfumature. L'ingresso in formazione della violinista Nicole Ansperger, al posto di Meri Tadic, ha trasmesso energia e desiderio di sperimentazione al leader che in questo album ha disposto orchestrazioni ed arrangiamenti classici di spessore inusitato. A tratti sembra proprio di ascoltare un simposio di musica neo-classica e le influenze celtiche sembrano quasi passare in secondo piano. Quando però i ritmi ancestrali e la strumentazione tradizionale tornano a prendere il sopravvento l'effetto è maestoso. Epico come il migliore power metal. L'alternanza delle voci è un altro punto di forza del lavoro che è costantemente impreziosito dal contributo di Anna Murphy ormai stella del panorama europeo con all'attivo uno splendido album con Tor-Helge Skei dei Manes. La sua voce rende imperdibile 'The Call Of The Mountains' evocando Epica e Within Temptation. A stabilizzare ulteriormente la line-up ci ha pensato anche il solido chitarrista Rafael Salzmann mentre Tommy Vetterli (Kreator, Coroner) ha assicurato continuità dal punto di vista della produzione e del mixaggio. 'The Nameless' e 'King' sono altri due apici invidiabili ma il continuo oscillare tra swedish death e costume gallico si traduce in una scaletta estremamente varia e cinematica. 'Inception' e'Carry The Torch' richiamano alla mente 'Slania' allorché 'Sucellos', 'Vianna' e 'The Silver Sister' potrebbero benissimo essere estratti delle sessioni di registrazione precedenti. Un capolavoro consigliabile anche a coloro non sono necessariamente avvezzi ad ascolti di tipologia metal.