Ascoltare un album degli inglesi è un’esperienza mistica ancora più di quando scorrazzavano negli anni ottanta con i loro vestiti improbabili e luci stroboscopiche. ‘Technicians Of The Sacred’ segue di quasi un lustro ‘Paper Monkeys’, è il primo doppio album dai tempi di ‘Erpland’ e si ispira chiaramente alle produzioni passate. La scaletta si compone di undici brani per circa novanta minuti nei quali l’ascoltatore viene trascinato in una stanza di specchi tra sonorità neo-psichedeliche, space rock, prog e jazz. Tutto gira attorno a Ed Wynne, rimasto l’unico membro storico insieme al percussionista Paul Hankin, e gira nel vero senso della parola. E’ impossibile infatti mantenere l’equilibrio in una girandola di contributi strumentali e stacchi onirici che mi hanno riportato alla mente la straordinaria esibizione al Beach Bum Festival. Quel giorno venni completamente ammaliato dalle istanze acide degli Ozric Tentacles e ricordo che pensai di non avere mai visto niente del genere. La stessa sensazione che provo adesso con synth, chitarra, basso e batteria che mi circondano senza mostrarmi la via di uscita. ‘The High Pass’, ‘Switchback’ e ‘Epiphlioy’ non sfigureranno accanto ai classici anche se l’apice viene raggiunto dalla sconsiderata ‘Smiling Potion’, fulgido esempio di come il concept di una band datata possa restare attuale ed efficace.