Continuo a pensare che i finlandesi siano una band che meriterebbe una consacrazione internazionale e che probabilmente non abbia ancora ottenuto quello che avrebbe meritato. Non so se sia più colpa della numerosa concorrenza sussistente nella loro nazione di provenienza – in generale in ambito melodic metal nell’intera scena scandinava – oppure dei mezzi non adeguati della loro etichetta ma il problema sussiste. Dopo il toccante ‘At Every Door’ e l’ep ‘I Was a Soldier’ la mossa del sestetto è stata quella di sottolineare ancora di più il contrasto tra bianco e nero, tra malinconia e tematiche oscure e la solarità di certi passaggi melodici. Così accade di rimanere intrappolati nel post doom della opener ‘Borrowed Eyes’ e non capire già più niente, per poi rendersi conto che ‘Whitehout’ e ‘Eclipse’ non rappresentano altro che la fusione ideale tra ‘The Great Cold Distance’ dei Katatonia e ‘In Requiem’ dei Paradise Lost. Il contributo più personale è fornito dai synth di Nino Hynninen che risplendono in ‘Embers’ e ‘My Rise Is Your Fall’ così come dall’interpretazione vocale di un Toni Toivonen sempre più convincente. Pensando agli ultimi lavori di Swallow The Sun e The Man Eating Tree forse manca un singolo in grado di imporsi in rete e nelle emittenti radiofoniche ma ciò non toglie che ‘Blackout Whiteout’ si esponga come una prova di maturità di fronte alla quale è sul serio impossibile rimanere indifferenti.