In occasione dell’esibizione di Louise Lemón a Serravalle Rock, nella magnifica cornice medievale della Rocca di Castruccio, ho avuto modo di apprezzare le qualità tecniche e la sensibilità come compositore e esecutore di Johan Kvastegård, chitarrista che fino a questo momento avevo conosciuto per il metal estremo e la sua appartenenza a formazioni quali Mother Of God e Disrupted. Sui primi abbiamo discusso parecchio perché ‘Anthropos’ rimane una delle gemme nascoste di una scena svedese che non ha ancora finito di stupire. Per quanto concerne i Disrupted ho avuto modo di ascoltare in anteprima un paio di pezzi di ‘Stinking Death’ e sono rimasto immediatamente sbalordito dello spessore del materiale. É chiaro che il gruppo si rifaccia ad un suono di tipo classico, su due piedi mi vengono in mente Entombed e Dismember, ma nel disco troverete una lucidità compositiva e una serie di idee ritmiche da brividi. Il guitar work è micidiale, accanto a Kvastegård troviamo Thomas Liljekvist, e non lascia alcuna possibilità di reazione. Alla batteria troviamo l’ex-Katatonia Daniel Liljekvist, pure nei Grand Cadaver, e proprio da uno spunto di Jonas Renkse dei Katatonia è nato il riff di ‘Choke On The Cross’, uno dei passaggi più rappresentativi dell’opera. La copertina in bianco e nero sottolinea il fervore old school delle registrazioni, da cui emergono subito pezzi travolgenti come ‘Coffin Breath’ o ‘Necromantic Breeding’. Manna dal cielo per chi è cresciuto con lo swedish death, ma a rendere ancora più speciale il successore di ‘Pure Death’, edito cinque anni orsono da De:Nihil Records con tanto di ghigliottina in copertina, è la sua abilità nello scavare nel profondo (‘Graveyard Torment’) e crescere di ascolto in ascolto, grazie ad un songwriting superbo, alle grida forsennate di Mikael Hanni (‘Funeral Vomit’) e ad una produzione organica e potentissima. Non c’è spazio per la quiete nel percorso dei Disrupted e tra tanti gruppi scandinavi dediti al metal estremo non è certo facile distinguersi (in tal senso ‘True Death’ e ‘Vile Impalement’ sono scritte apposta per scatenare i defender più incalliti). Loro ci sono riusciti, senza scendere a compromessi e mettendo l’arte, violenta, gore, più putrida possibile, davanti a tutto. Per il sottoscritto, già sconvolto dal pazzesco ritorno discografico degli Obscura, un modo come un altro di cedere, per l’ennesima volta, al cospetto della grandezza di un genere immortale.