Come ha suggerito Pitchfork non siamo al cospetto di un triste funerale ma di un gioioso risveglio e soprattutto dell'album migliore mai pubblicato dagli americani in carriera. E' chiaro che in pezzi come 'God's On Vacation' e 'Walk Among The Sky' c'è molto della tragica scomparsa del bassista e cantante Jonathan Athon rimasto ucciso a causa di un incidente stradale eppure il piglio aggressivo della band è rimasto intatto e la cospicua varietà del songwriting permette di arrivare veramente al cuore del pubblico. Più o meno il percorso intrapreso dai Red Fang, sicuramente più commerciali ma anch'essi propensi a mettersi alle spalle i limiti della scena sludge, con elementi thrash e hardcore in quantità. Commovente la scelta di utilizzare le linee di basso registrate dal compagno nonostante Corey Barhorst si sia messo in luce per le sue qualità nel tour di supporto ai Black Label Society dello scorso anno. Siamo al cospetto di un 'Taste The Sin' più quadrato con Andrew Fidler e James May che si dividono la scena ed a tratti si immolano in parti strumentali più dilatate mentre in altri frangenti si imbastardiscono fino a diventare quasi punk. E' il caso di titoli come 'Damned In The Ground', 'Beyond The Divine' e 'Punk Out' con cui i Black Tusk raggiungono il climax assoluto. La produzione vintage di Joel Grind dei Toxic Holocaust esalta gli spigoli del songwriting e dopo tante schegge impazzite e riff bollenti il pianoforte della conclusiva 'Leveling' innalza il profilo creativo dei musicisti in questione.