Nel decennale di 'The Great Cold Distance' gli svedesi tornano sul mercato con un altro album magnifico che conferma tutte le loro qualità e soprattutto la capacità di evolversi senza snaturare la propria proposta. Il successore di 'Dead End Kings' è ancora più heavy, prog e sperimentale ma allo stesso tempo mantiene la struttura compositiva che ha spinto i Katatonia in alto nelle gerarchie degli appassionati di metal. Se da un versante Jonas Renkse si è innamorato del catalogo della Kscope e di quello che ha saputo costruire Steven Wilson partendo dall'esperienza pluriennale con i Porcupine Tree. E' stato lui a volere 'Dethroned & Uncrowned' e probabilmente sempre lui a forzare i cambi di line-up. Dall'altro versante Anders Nyström si è concentrato sui Bloodbath, ha stretto ancora di più i rapporti con i Paradise Lost, invitando Nick Holmes a cantare su 'Grand Morbid Funeral' e Gregor Mackintosh a suonare la chitarra in 'Wide Awake In Quietus'. Da questo mix di sensazioni, nostalgia, integrità e desiderio di misurarsi su territori nuovi è nato 'The Fall Of Hearts'. I Katatonia continuano a svelarci luoghi reconditi della nostra mente scavando tra incubi, depressione e ossessioni scaturite dal rapporto con i media. Il frontman si è servito della collaborazione con Bruce Soord dei Pineapple Thief per accrescere l'eleganza degli arrangiamenti mentre il chitarrista ha serbato per queste sessioni di registrazione i riff più giganteschi da diversi anni a questa parte. Superbo anche il contributo del nuovo drummer Daniel “Mojjo” Moilanen il cui stile acuisce il contrasto tra potenza elettrica, atmosfere plumbee e passaggi lirici drammatici. L'album parte fortissimo con 'Takeover', che rimanda a Tool e Ghost Brigade, per poi regalarci momenti di grande malinconia con 'Serein' e 'Last Song Before The Fade'. 'Decima' è forse il pezzo più atipico, 'Residual' quello in cui la componente prog emerge lampante e 'The Night Subscriber' un potenziale classico dal vivo per gli anni a venire.