Un capolavoro assoluto di metal estremo quello che ci regalano i norvegesi a distanza di tre anni dall'omonimo album che aveva destabilizzato ulteriormente una scena death metal già provata per conto proprio. In quel di Kristiansand - comune della costa meridionale del paese bagnato dallo Skagerrak dove sono cresciute anche formazioni del calibro di Green Carnation, Communic, In Vain e In The Woods – si è venuta a consolidare una realtà devota alla vecchia scuola ma che allo stesso tempo non ha mai nutrito timore di sperimentare o mostrarsi differente rispetto al resto della concorrenza. A partire da 'Monument Of Death', i Blood Red Throne hanno costruito una pazzesco crescendo di dolore, sofferenza, violenza e catarsi che adesso, sotto le magniloquenti sembianze di 'Union Of Flesh And Machine', è in grado di spazzare via tutto e tutti. Qualcuno potrà affermare che il mercato è soffocato di uscite simili ma la verità è che quando parte 'Revocation Of Humankind' non ce n'è già per nessuno. L'ex Enslaved Freddy Bolsø picchia duro dietro le pelli e Yngve "Bolt" Christiansen ci spiega fin da subito il motivo per cui la band ha deciso di aspettarlo anche quando la sua posizione era in bilico. Un ritardo inconsueto per i norreni che avevano sempre rispettato la scadenza biennale ma che si traduce in un full lenght strabordante di epicità e lussuriosa tecnica. La malvagia 'Proselyte Virus' sembra provenire dalle sessioni di registrazione di 'Brutalitarian Regime' mentre 'Homicidal Ecstacy' e la title track sono più elaborate ed evolute a conferma di come questi musicisti abbiano voluto sospingere sempre più avanti i propri obiettivi. 'Patriotic Hatred' e 'Martyrized' risultano invece gli episodi in cui Død – ex Satyricon e protagonista anche con Cobolt 60 e Zerozonic di cui vi parleremo presto – e Ivan Gujic riescono a porre in maggiore evidenza l'elitarietà del proprio guitar work. I riff sono micidiali e minuto dopo minuto sembrano scavare sempre più a fondo ma è la maniacalità con cui sono stati eseguiti certi passaggi che vi manderà letteralmente fuori di testa. Il mixaggio esalta poi un basso gigantesco, ruvido e massivo con Ole Bent Madsen, attivo pure negli Horizon Ablaze, che sembra ergersi possente da una posizione defilata dopo avere visto gli altri membri spaccare tutto. 'Legacy Of Greed' e 'Mary Whispers Of Death' illuminano una seconda parte di album nella quale troverete anche una convincente reprise di 'Leather Rebel' dei Judas Priest. Tre quarti d'ora che potrebbero veramente cambiarvi la vita. Tre quarti d'ora che citano l'altro masterpiece 'Altered Genesis' ed annientano quanto uscito negli ultimi anni in ambito death metal sia tecnicamente che dal punto di vista emotivo. Un'urgenza incredibile, un desiderio di riscoprire la dimensione più putrida e letale dell'evoluzione del thrash. In attesa di consumare ‘Great Is Our Sin’ dei Revocation e dopo il devastante 'Terminal Redux' dei Vektor abbiamo trovato materiale ludico per le nostre nottate di insana depravazione.