Difficilmente un lavoro in studio dei tedeschi delude in senso assoluto perché nelle loro canzoni i livelli di groove, potenza e aggressività live vengono sempre mantenuti elevati. In questo caso però, a distanza di tre anni da una mazzata come 'Veto', devo ammettere di essere rimasto piuttosto deluso dalla direzione che ha preso il songwriting della band. Manca un concept lirico importante, i suoni sono spesso monotoni, si salvano le reminiscenze black metal di 'The Loss Of Fury' e lo spaventoso muro di chitarre di 'They Shall Not Pass' ma il resto risulta noioso e ripetitivo. Marcus Bischoff le prova tutte per rendere più accattivanti le trame chitarristiche di Maik Weichert e Alexander Dietz ma il più di volte finisce anche lui per perdersi nei soliti cliché. La scaletta viene arricchita dalla presenza di George “Corpsegrinder” Fisher dei Cannibal Corpse, quanto mai efficace in 'Prey To God', mentre la collaborazione con Aðalbjörn Tryggvason dei Solstafir, nella reprise di 'The Cry Of Mankind' dei My Dying Bride, poteva essere sviluppata molto meglio. Tra poco li vedrò in tour di spalla ai Korn e quindi potrò constatare personalmente se si tratta soltanto di un passo falso.