Il bronzo è una lega metallica costituita di rame e stagno. Il suo valore nel tempo è mutato così come le riflessioni sul passato di Justin Greaves, musicista che si è distinto distinto per un'interpretazione personale di tutto ciò che è confinabile tra folk, psichedelia e doom, per poi includere elementi stoner e progressive nel proprio approccio compositivo ed allargare lo spettro di esperienze con collaborazioni significative. Nonostante la depressione, l’ex drummer di Iron Monkey e Electric Wizard è ancora responsabile di un songwriting essenziale e coinvolgente e le dieci canzoni, registrate al Chapel Studio nel Lincolnshire e mixate da Karl Daniel Lidén, mostrano viva eccitazione per l'oscuro cosmo che così tanto ha ispirato i Pink Floyd – di cui ricordiamo le bellissime cover di ‘Echoes’ e ‘Childhood’s End’ - nei primi anni della loro magnifica carriera. Il contributo dei sintetizzatori di Mark Furnevall e della voce di Daniel Änghede rendono più vario un approccio che ricorda quello, a tratti un pò macabro ma avvincente, di Jérôme Reuter, in arte Rome. Un highlight dell’album è certamente la partecipazione di Belinda Kordic – chiamata a proseguire il percorso intrapreso come Se Delan - in ‘Scared Alone’ ma pure ‘Deviant Burials’ e ‘Goodbye Then’ sono passaggi che lasciano il segno e mostrano una maturità compositiva fuori dal comune.