I brasiliani non si sono mai curati troppo di trend, pettegolezzi e crisi del mercato proseguendo in un percorso artistico che, generi a parte, li ha sempre visti dare priorità alla musica, alle commistioni di stili ed all’attitudine piuttosto che al lato commerciale. Ai tempi di ‘Roots’ ebbero il loro momento di celebrità, anche perché si appoggiarono a Ross Robinson e inserirono tra i guest membri di Korn e Deftones, poi la separazione con Max Cavalera e l’ingresso di Dennis Green li ha spinti a muoversi su territori differenti, spesso più ardui, e sperimentare concept di alto lignaggio. Dopo un monolite come ‘The Mediator Between Head And Hands Must Be The Heart’, Andreas Kisser non si è posto alcun freno componendo materiale in bilico tra hardcore, thrash e death con mirabili intermezzi chitarristici come ai tempi in cui ‘Arise’ e ‘Chaos A.D.’ facevano scuola. Il concept è ispirato dalla dilagante robotizzazione della società moderna con un ciclo riproduttivo spinto al limite al fine di trasformarci in umanoidi e la scelta di affidarsi alle cure di Jens Bogren, si spiega con l’esigenza di rendere organico e il più possibile coeso un mix di influenze che vanno dal jazz alla bossa nova, dalla violenza senza limiti di ‘Schizophrenia’ e ‘Beneath The Remains’ al groove metal che caratterizzava le uscite più recenti. Da segnalare la sontuosa prova del percussionista Eloy Casagrande in grado di non fare rimpiangere i suoi predecessori oltre al gigantesco cantato. ‘I Am The Enemy’ e ‘Resistant Parasites’ sono i pezzi già pronti per scaldarvi dal vivo ed il loro impatto è devastante come se i Sepultura fossero un gruppo di ragazzini agli esordi. ‘Phantom Self’ e ‘Silent Violence’ sono più vicine alle recenti produzioni mentre ‘Alethea’, ‘Iceberg Dances’ e ‘Cyber God’ trasudano di crossover allo stato brado. Ancora una volta una spanna sopra la concorrenza.