La ruota continua a girare a buon regime, il thrash continua a fruttare qualche banconota in più degli altri generi e come al solito a difendersi sono i musicisti veri, quelli che hanno preferito mantenere profilo alto e attitudine senza vendersi alle etichette. Il successore di ‘White Devil Armory’ è un album che conferma l’ottimo stato di forma della band originaria del New Jersey con una manciata di tracce potenti e graffianti, sapientemente mixate da Andy Sneap. Si parte fortissimo con ‘Mean Green Killing Machine’ e Bobby “Blitz” Ellsworth fa subito capire che non ce ne sarà per nessuno. L’ugola non sarà delle migliori sul pianeta, le rughe cominciano ad essere pesanti sul suo viso ma in quanto a carisma sono in pochi i colleghi a potere permettersi di guardarlo con superiorità. ‘Goddamn Trouble’ prepara il terreno al primo singolo ‘Our Finest Hour’, uno dei pezzi più tecnici del lotto, così come ‘Shine On’ per ‘The Long Road’, decisamente anni novanta con una parte centrale epica e coinvolgente. ‘Come Heavy’ e la title track sono altri passaggi chiave di un full lenght che non lascia niente al caso, Dave Linsk si conferma un gran chitarrista e lo stile di D.D. Verni è assolutamente unico. La verità è che, da ‘Ironbound’ in poi, gli Overkill hanno saputo ricostruirsi una credibilità internazionale a suon di album vincenti e tour capillari. È anche grazie a loro se l’imperante revival thrash non ci è ancora venuto a noia.