Anche se probabilmente i vecchi fan ascolteranno a ripetizione l’iniziale ‘No Fun’, prima di concentrarsi sul resto del materiale, la successiva ‘Nimble Bastard’ è il pezzo che simboleggia al meglio la nuova era dei californiani. Un eclettico mix tra frammenti strumentali e improvvisi stacchipunk incastonato in un album fuori dal tempo e tramite il quale Brandon Boyd riesce a mostrare tutto il suo talento. Sarebbe sbagliato affermare che gli Incubus sono rimasti agli anni novanta dal punto di vista concettuale. La loro evoluzione è infatti sotto gli occhi di tutti ma ‘8’ è comunque pensato e realizzato quasi stessimo vivendo di nuovo l’esplosione di icone crossover come Deftones, Korn e appunto gli autori di ‘S.C.I.E.N.C.E.’. Per niente spaventati dalla risposta eterogenea ricevuta da ‘If Not Now, When?’, questi musicisti straordinari hanno deciso di spiazzare ancora una volta addetti ai lavori e pubblico con un full lenght anticonformista, spigoloso e arrangiato in maniera superba che si colloca in maniera trasversale rispetto agli standard dell’alternative rock moderno. Una versatilità che ha contraddistinto il loro intero catalogo e che, in un periodo storico in cui i negozi abbassano le serrande ed i videoclip non funzionano più, sembra addirittura accentuata in nome della libertà artistica e della creatività più totale. Come produttori sono stati scelti in primo luogo Dave Sardy - che ricordiamo per le colonne sonore di ‘21’ e ‘Zombieland’ oltre che per avere contribuito al successo di Marilyn Manson, The Black Angels e Wolfmother – ed in seguito Skrillex, punto di riferimento della scena dubstep statunitense e ispiratore di ‘The Path Of Totality’ dei Korn - e il risultato è stupefacente con suoni aggressivi e profondi, sontuose aperture melodiche e tanta elettronica a servizio della voce. Le graffianti ‘Glitterbomb’ e ‘Throw Out The Map’ contrastano apertamente con ‘Undefeated’, il singolo che i Linkin Park tentano di scrivere senza successo da tempo immemore, e ‘Loneliest’, che ricorda i suoni dell’ultimo regalo fatto da David Bowie ai propri seguaci prima di morire. Imperdibili anche ‘State Of The Art’ - in bilico tra ‘Make Yourself’ e ‘Morning View’ - e ‘Familiar Faces’ con cui la sezione ritmica dimostra di essere sempre all’avanguardia.