Ciao Doug, prima di tutto come stai? Abbiamo avuto tutti molta paura.
Sì, amico grazie. Adesso sto molto bene. Ho subito un’operazione alla gola, mi hanno tolto le tonsille e dopo aver esportato il tumore ho dovuto fare sei settimane di terapie con le radiazioni. Ho fatto di recente un esame del sangue ed è molto buono quindi mi auguro che tutto rimanga così.
Dove ti trovi adesso?
Sono a casa mia, a Los Angeles. Ci starò ancora una settimana poi partireremo per l’Olanda e inizieremo il tour europeo, che passerà anche dall’Italia a Novara e Padova.
Cosa dobbiamo attenderci dai prossimi concerti?
Sarà spettacolare! Abbiamo una setlist nuova con ‘Love That’ll Never Be’, il singolo che abbiamo appena pubblicato, e alcune sorprese. La produzione è tutta nuova e non vediamo l’ora di essere in Italia. Manchiamo da troppo tempo e siamo davvero eccitati all’idea di suonare per i nostri fan italiani, che sono sempre caldissimi. Sarà uno show rock n’ roll a tutti gli effetti e avremo Tommy Clufetos alla batteria. Una vera macchina!
Com’è la chimica con la nuova line-up?
Eccezionale! Non ho niente con i vecchi membri perché tutti i musicisti che sono passati per i Dead Dasies hanno fatto la storia. Brian Tichy è un grande, Glenn Hughes una leggenda, così come Marco Mendoza o Deen Castronovo. Sono tutti amici! Adesso però abbiamo Michael Devin al basso e cosa posso dire se non che è il più grande bassista con cui abbia mai suonato. Sono cresciuto con bassisti molto melodici come John Paul Jones, Jack Bruce e Paul McCartney ma naturalmente amo anche Geezer Butler ed il suo sound super-heavy! Michael rappresenta la rinascita di quel sound, molto melodico ma super-heavy! Abbiamo una nuova backline e mi trovo alla grande con lui. Tra l’altro è una delle persone più intelligenti che conosca. Poi abbiamo Tommy che è una macchina. Un po’ quello che David Coverdale era solito affermare di Tommy Aldridge. Ogni sera aggiunge qualcosa alla sua performance. E’ così intenso!
Poi abbiamo John Corabi, che è una garanzia. Senza nulla togliere a Glenn Hughes, per me i Dead Daisies sono quelli di Corabi.
È semplicemente perfetto. Sa come rendere il party adatto a tutte le occasioni. Sa destreggiarsi con l’acustico e con l’elettrico senza problemi e la sua voce è ancora micidiale. Siamo tutti una famiglia e lavorare con Glenn è stato magnifico. John però è molto diverso da lui, ha una grande personalità e sa come trascinare il pubblico. Quel mix tra Steven Tyler, David Lee Roth e Ronnie James Dio che funziona come il primo giorno.
È molto interessante ciò che hai detto di Michael Devin. Quanto è importante un bassista per un guitar hero come te?
È molto importante. Il basso permette alla chitarra di suonare meglio. Quando ascolti la radio in macchina, senti le chitarre, la voce e il rullante. Ma quando abbassi il volume e ascolti il mixaggio, se è un buon mixaggio, il basso è sempre al massimo e il basso è estremamente importante. Se togli quelle linee di base, tutto il resto non risulta tanto appariscente e bello. Semplicemente non ha lo stesso effetto senza quella base. Un altro bassista incredibile con cui ho lavorato di recente è Jack Blades dei Revolution Saints. É un grande cantante ma con il basso riesce a far suonare tutto più melodico e epico.
Suonerete degli altri nuovi pezzi oltre a ‘Love That’ll Never Be’?
É un segreto, ma sì. Abbiamo delle sorprese per questo tour. Nel frattempo ‘Love That’ll Never Be’ sta andando alla grande sia nelle radio, su iTunes e Spotify.
Avevate in mente le radio quando l’avete scritta?
Non direi. L’idea l’ha portata John Corabi, che aveva buttato giù la melodia con Marti Frederiksen per un disco solista. L’ha ripresa dopo qualche anno e l’ha proposta alla band. É una ballata rock potente e travolgente con influenze alla Elton John, sonorità southern, ma anche un tocco anni ‘80 che non guasta affatto. Ci sento anche gli Allman Brothers e i Bad Company. L’ho registrata con una Les Paul Goldtop del 1953. L’ho trovata con qualche componente rotto e ho dovuto cambiare il pickup e così ho ottenuto un sound più blues.
Ritieni che ‘Love That’ll Never Be’ possa essere rappresentativa del nuovo materiale?
Magari sì, ma non ci pensiamo affatto. Quando componiamo ci lasciamo guidare dalla musica in maniera molto naturale. Se qualcosa ci eccita allora ci lavoriamo sopra e lo portiamo avanti. Per esempio la title track dell’album precedente è nata da un riff che ci ha fatto ascoltare Marti in studio. Abbiamo un nuovo progetto per quest’anno e faremo un paio di pezzi dal vivo che nessuno ha mai ascoltato e che sono per questo progetto. Qualcosa di totalmente diverso.
Siete rimasti soddisfatti di ‘Light’em Up’?
Assolutamente sì. L’ho ascoltato l’altro giorno dopo un po’ di tempo e trovo che l’ordine della scaletta sia perfetto. É un album che si lascia ascoltare in viaggio e che può contare canzoni importanti come ‘Light’em Up’ e ‘Back To Zero’.
Torniamo con la mente a quanto ti sei unito ai Dead Daisies. Avresti mai pensato di andare così lontano con la band?
David Lowy è un vero visionario. Ha sempre saputo organizzare le cose al meglio e spingerci ad ottenere qualcosa di nuovo tutte le volte. Siamo una vera famiglia e ci divertiamo a suonare insieme. Quello che conta più di tutto nella band è il rapporto tra i musicisti. Non è sempre facile far collimare gli interessi di tutti. Personalmente non ho sempre provato questa sensazione. Di sicuro l’ho provata quando ero nei Dio, perché eravamo una vera band. Nei Whitesnake però era più una cosa tra me e David Coverdale.
Qual è stato l’highlight in tutti questi anni?
Per me un concerto che abbiamo tenuto in Polonia con un’orchestra del luogo. A parte che al festival c’era tantissima gente e il concerto è stato fantastico, ma poi nei giorni precedenti allo show ci siamo trovati a provare con questi musicisti in un piccolo paese della Polonia. Era tutto così diverso dalla California! Un altro concerto memorabile è stato a Cuba, un posto dove non riescono a suonare in molti.
Sei coinvolto in altri progetti attualmente?
No, faccio qualche session ma niente di più. Nel 2019, quando Glenn è entrato nella band, sono stato molto impegnato a fare in modo che il suo stile si adattasse a quello della band. Aveva portato tanto materiale e quindi ho lavorato parecchio con lui. Anche i Burning Rain non sono più attivi, quindi al momento i Dead Daisies sono la mia occupazione principale.
(parole di Doug Aldrich)