Ciao Davide, la prima domanda riguarda la vostra lunga carriera. Quando avete iniziato alla fine degli anni ‘90, pubblicando il primo album nel 2001, vi sareste mai immaginato di avere una discografia così corposa ed arrivare tanto lontano?
Sinceramente no. C’era l’idea di fare musica a lungo ma non potevamo immaginare di toglierci così tante soddisfazioni e sperimentare esperienze del genere. Sono tendenzialmente una persona che pensa sempre al peggio e quindi non posso che essere contento di tutto quello che abbiamo vissuto.
Qual è stato il momento più complicato?
Direi quando è uscito il secondo album perché stavamo andando in una direzione e poi abbiamo scelto di cambiare cantante e quindi si è fermato tutto. Ci siamo ripresi e abbiamo ricominciato da dove avevamo terminato ma di sicuro non è stato facile.
E invece il momento più memorabile?
Onestamente credo che sia questo. Abbiamo portato a termine due lunghi tour, uno dei quali in Nord America, e di recente il Pagan Fest. Parteciperemo a tanti festival in estate e siamo riusciti a concludere la trilogia.
Sostanzialmente siete una band internazionale e questo è uno dei motivi per cui avete ottenuto tanto successo.
È la questione che abbiamo odiato fin dall’inizio. Il fatto che una band debba necessariamente vendere in Italia per essere riconosciuta come internazionale. Credo sia offensivo cercare di relegare una band in una scena che fondamentalmente non esiste. Ci siamo sempre proposti come band fuori da certe definizioni. Per alcuni si tratta di un problema di pronuncia, per altri di produzione, ma noi abbiamo costantemente guardato oltre e avere fin dal primo album un’etichetta come AFM ci ha aiutati. In Italia manca una struttura.
Tornando alla trilogia, quando l’avete iniziata avete già chiara in testa tutta la storia?
No, c’era anche il dubbio di riuscire a finirla. Però avevamo comunque una visione globale di quale sarebbe stato il percorso e logicamente della storia. Non sapevamo in quanti album l’avremmo sviluppata. All’inizio pensavo sarebbe bastato un disco, poi ho notato che la storia era troppo complesso e così abbiamo raccolto altre idee. La pandemia ci ha aiutati a sviluppare la storia e ci siamo resi conto che tre album erano perfetti per coprirla al meglio.
Sei appassionato del linguaggio runico?
Tutti noi abbiamo letto diversi libri sulla tematica.
Anche nella copertina ci sono tanti simboli: la luna, cadaveri, teschi ed una cupa figura sullo sfondo. Te invece cosa ci leggi?
Ci leggo la fine di un percorso, di una scommessa che abbiamo fatto con Aydan. Per certi versi è la conclusione di un viaggio e di una parte della nostra carriera. Non vediamo l’ora di ripartire e scrivere il prossimo capitolo della nostra storia e magari scrivere canzoni senza dovere necessariamente seguire una narrazione precisa.
‘Luna’ e ‘Gone Epoch’ sono due pezzi spettacolari. ‘Gone Epoch’ è forse il pezzo più bello che avete mai scritto.
Il nuovo album ha due anime perché da un lato la storia guarda al passato, quando i personaggi erano ancora giovani. Così scopriamo perché le loro vite sono legate tra loro. La musica si fa più leggera e melodica perché anche noi con la mente siamo tornati a quando abbiamo iniziato a suonare e avevamo chiare influenze power metal anni ‘90. C’è poi un’altra anima dove si susseguono degli eventi, con momenti tragici e oscuri. ‘Luna’ rappresenta la prima parte mentre ‘Gone Epoch’ la seconda.
Un altro singolo è ‘Throes Of Atonement’.
All’inizio eravamo un po’ scettici. È stata l’etichetta a spingere perché uscisse come singolo e devo dire che è stata una scelta corretta perché al suo interno ci sono un po’ tutti gli elementi fondanti di quest’ultimo capitolo della trilogia.
Cosa volevate cambiare in termini di produzione?
Siamo stati abbastanza in linea con il secondo capitolo. Un po’ perché abbiamo utilizzato gli stessi settaggi per la batteria. In certi casi le canzoni richiedevano un trattamento di diverso e nel mixaggio abbiamo dato forse più spazio alle chitarre.
Considerato che avete sempre attratto sia gli appassionati di power metal che quelli di folk metal, potete darci ragguagli sulla conformazione del vostro pubblico dal vivo?
È una bella domanda. In Germania è più facile avere fan del power mentre in Nord Europa o Stati Uniti forse ce ne sono più legati al folk metal ed alle nostre influenze più moderne. Ad un certo punto della nostra carriera era diventato difficile etichettarci quindi abbiamo detto che facevamo pagan metal, ma anche lì si può generare confusione perché per tanti significa tutt’altro.
Quali sono i vostri prossimi piani?
Sicuramente i festival estivi. Ne abbiamo tre-quattro anche in Italia e poi nel resto d’Europa. Poi saremo in Giappone in autunno. Lì sono davvero pazzi per il power metal. Inoltre stiamo lavorando ad un progetto che adesso non possiamo ancora svelare. Si saprà tutto a breve.
C’è una band che ti ha veramente stregato dal vivo?
I Kreator! E’ incredibile l’energia che trasmettono. Sono sempre in grado di alzare il livello.
(parole di Davide "Damna" Moras)