-Core
To The Bone
Steven Wilson
Caroline
Pubblicato il 20/08/2017 da Lorenzo Becciani
Songs
1. To The Bone
2. Nowhere Now
3. Pariah
4. The Same Asylum as Before
5. Refuge
6. Permanating
7. Blank Tapes
8. People Who Eat Darkness
9. Song of I
10. Detonation
11. Song of Unborn
Songs
1. To The Bone
2. Nowhere Now
3. Pariah
4. The Same Asylum as Before
5. Refuge
6. Permanating
7. Blank Tapes
8. People Who Eat Darkness
9. Song of I
10. Detonation
11. Song of Unborn

Il beat elettronico e lo spoken word che introducono quest’album sofisticato sembrano riproporre le atmosfere di ‘4 1/2’ e di riflesso di ‘Hand/Cannot/Erase’ eppure, dopo pochi secondi, si ha la sensazione che anche stavolta l’artista inglese abbia spostato il suo centro di interesse da qualche altra parte. Chi segue le sue playlist sul sito ufficiale è consapevole dell’incredibile varietà di influenze che sono alla base dell’approccio compositivo del leader dei Porcupine Tree (‘Detonation’) e della mente dietro tutto quello che viene definito post progressive, in effetti, sarebbe sufficiente ascoltare le presenti undici tracce immediatamente dopo ‘Insurgentes’ o un capitolo a caso dei Bass Communion (‘Song Of I’ che vede la partecipazione di Sophie Hunger) o ancora dei Blackfield (la meravigliosa ‘Pariah’), appena tornati nei negozi con la loro quinta prova, per rendersi conto di quanto sia mutato l’orizzonte artistico di questo genio dei nostri tempi. Certo, per un musicista della sua stazza deve essere alquanto noioso essere quasi sempre elogiato per la tecnica sopraffina e la mostruosa classe degli arrangiamenti. Ecco allora che Steven Wilson sforna un full lenght nel quale la tecnica spesso passa in secondo piano e, nonostante l’eccellente prova del tastierista Adam Holzman e del batterista Jeremy Stacey, prevalgono la lungimiranza delle scelte di produzione e la capacità di mettersi alla prova con generi che agli occhi di tutti, almeno in apparenza, sembrano lontani. Ho già letto in rete giornalisti o pseudo-tali che parlano di ‘To The Bone’ come del suo album più pop con accezione al limite dell’oltraggioso o comunque commerciale. Mi piacerebbe ricordare a questi signori che il nativo di Hemel Hempstead, dai primi demo degli anni ottanta a oggi, non si è mai piegato, nemmeno una volta, alle regole del mercato e, proprio per questa ragione, ha saputo costruirsi una credibilità invidiabile tra pubblico e addetti ai lavori. Il suo è un procedere a testa alta tra stili mai affrontati in precedenza con il medesimo atteggiamento, critico e perfezionista, che lo ha sempre contraddistinto e così liriche che indagano problemi sociali, immigrazione, politica, fondamentalismo religioso e malinconia da isolamento metropolitano contribuiscono a rendere ancora più interessanti quadri i cui colori sgargianti in apparenza stupiscono (‘The Same Asylum As Before’). Le gemme in scaletta sono numerose e in tutta onestà non riesco a trovare un solo punto debole a ‘To The Bone’. Senza ombra di dubbio il ruolo di Ninet Tayeb è importante – clamoroso il duetto in ‘Blank Tapes’ che prima cita i Radiohead e poi sfocia in una delicata ballata - così come l’assolo di chitarra ‘Refuge’ vale da solo i soldi spesi per acquistare l’album oppure ‘Permanating’ e ‘People Who Eat Darkness’ che citano rispettivamente gli Abba e Peter Gabriel senza perdere il filo del discorso. Un magniloquente crescendo di emozioni e concessioni della propria anima che merita l’attenzione più assoluta di tutti gli appassionati di musica con mentalità aperta e desiderio innato di sperimentare su territori inesplorati. Fatevi condurre verso l’ignoto da Steven Wilson, fregandovene di tutto ciò che avete ascoltato finora, e vi farete il più grande regalo della vostra povera esistenza. 

Steven Wilson
From UK

Discography
Insurgentes (2008)
Grace for Drowning (2011)
The Raven That Refused to Sing (And Other Stories) (2013)
Hand. Cannot. Erase. (2015)
4 1/2 (2016)
To The Bone (2017)
The Future Bites (2021)
The Harmony Codex (2023)