‘Dark Water’ è il manifesto del disco della maturazione per i tedeschi. In tre anni le atmosfere plumbee di ‘Sacrifice & Isolation’ si sono evolute in qualcosa di maledettamente più oscuro e viscido. Eppure Chris Burda e Martin Grimm hanno aggiunto parti in pianoforte e chitarra acustica che tendono a smorzare l’effetto alienante dei sintetizzatori e l’amore per Hans Zimmer o Philip Glass è sempre più evidenti. Allo stesso tempo però l’evanescenza di alcuni passaggi dell’album precedente è sparita a favore di una maggiore concretezza e di trame strumentali chiamate a descrivere un universo distopico ed uno scenario futuristico laddove regnano paura, insicurezza e negatività. A chi ancora non conosce i Collapse Under Empire consiglio di partire dalla suddetta apripista o da ‘The Forbidden Spark’, che palesa influenze di Mogwai e God Is An Astronaut. Se invece eravate già entrati in contatto col duo in passato, saprete riconoscere un’evoluzione importante, un approccio più determinato e cinematico che potrebbe portare risultati nel breve periodo. Prima di cadere tutti quanti nel baratro.