In una recente intervista Brian Slagel mi ha confessato che la sua etichetta potrebbe benissimo tirare avanti con le uscite di Amon Amarth, Cannibal Corpse e The Black Dahlia Murder e in tal senso quest’album ha battuto ogni record di sempre in termini di pre-order. Sinceramente ciò non mi stupisce e questo per due motivi molto semplici. Il primo è che rispetto a buona parte delle altre formazioni metalcore, deathcore o melodic death i ragazzi originari del Michigan, esplosi con ‘Unhallowed’ e ‘Miasma’, dal vivo fanno paura. E non la paura che ti attanaglia fissando l’artwork di Kristian Wåhlin ma quella che si prova in un locale fumoso, nelle prime file sotto palco, quando dei loschi figuri potrebbero saltarti addosso da un momento all’altro. Il secondo è che fin dagli esordi i The Black Dahlia Murder hanno saputo appellarsi con intelligenza a retaggi musicali e iconografia horror e questa scelta ha pagato. ‘Nightbringers’ è un’evoluzione di ‘Nocturnal’ a dieci anni di distanza e già questo sarebbe sufficiente a fare felice l’ottanta percento dei propri discepoli. Nel mezzo sono passati altri full lenght, tour di successo e copertine sulle riviste specializzate ma ancora oggi questi mostri di tecnica e aggressività non hanno smarrito l’attitudine selvaggia e la determinazione di quando ancora nessuno li conosceva. In poco più di trentatrè minuti, la durata tipica di un disco degli Slayer, il quintetto guidato da Trevor Strnad sfodera individualità da capogiro, costruzioni ritmiche imperiose e melodie che riescono ad emergere nel bailame delle grida feroci del cantante e delle percussioni. Rispetto al precedente ‘Abysmal’ i suoni sono addirittura progrediti, un po' quanto accaduto ai Revocation, e ogni traccia rappresenta un tassello fondamentale per l’immagine che si va lentamente a formare. L’iniziale ‘Widowmaker’ mette subito le cose in chiaro e ‘Of God And Serpent, Of Spectre And Snake’ basterà agli addetti ai lavori per decretare un’altra vittoria. ‘Matriarch’ e ‘Kings Of The Nightworld’ sono sospinte a livelli altissimi dall’aggressività del cantato e da un guitar work chirurgico, la title track riporta alla mente il periodo di ‘Ritual’ mentre ‘Catacomb Hecatomb’ e ‘As Good As Dead’ potrebbero benissimo essere utilizzate per sonorizzare la più grande carneficina di sempre a Walking Dead. Lasciatevi trascinare nella notte più fonda e pericolosa ma, mi raccomando, non chiedete di chi sia il sangue che vi troverete addosso.