Visto che recensire qualcosa su cui si è messo il cuore sarebbe come minimo pretenzioso mi limiterò a raccontarvi la storia del festival. Serravalle Rock nasce nella meravigliosa cornice della Rocca di Castruccio, che da quasi vent’anni ospita una delle più importanti rassegne jazz in ambito nazionale. Una volta entrato a far parte dell’Ufficio Cultura di Serravalle Pistoiese, ho subito accarezzato l’idea di realizzare una manifestazione della medesima caratura in versione rock. Guardandomi in giro, valutando la concorrenza ma anche una costante ripetizione delle stesse proposte, ho pensato fosse opportuno dare spazio alle band emergenti e non tanto per dire. Il resto l’hanno fatto il grande appoggio dell’Amministrazione e l’amicizia con David Bonato di Vrec e Alessandro Della Ratta della Taverna della Musica, in assoluto il migliore locale in zona. La prima edizione è nata come un esperimento con formazioni del calibro di Small Jackets (‘Get Out Of My Way’), Kelevra (‘Fino A Qua Tutto Bene’), Endless Harmony (‘Cyborg’), Birthh e Platonick Dive (‘Polaroids’) e la risposta è stata eccezionale. Da quel momento le difficoltà organizzative sono finite in secondo piano al cospetto della volontà di crescere di anno in anno, di stupire il pubblico, di puntare su realtà che potessero imporsi nel panorama indipendente. Quella dei livornesi è poi una storia bellissima. Il loro secondo album, ‘Overflow’, era appena uscito ed in pochi li conoscevano ma l’esibizione fu formidabile, il merchandise venne esaurito nel giro di pochi minuti e le richieste di riaverli al festival si sono fatte talmente pressanti da doverli richiamare quasi per forza due anni dopo. I Vök sono stati la prima band internazionale ad esibirsi nel castello e tale concerto rimarrà per sempre nella memoria dei presenti. Entusiasti di suonare per la prima volta in Italia, in un contesto medievale di rara bellezza, gli islandesi eseguirono i pezzi di ‘Figure’ tra la sorpresa generale, ma anche Mad Dogs (‘Point Of View’), Wicked Expectation (‘Echoes’), Down To Ground e /handlogic (‘Scribbles’) lasciarono il segno. Quando Margrét attaccò a cantare ero in prima fila, appena uscito dal backstage per verificare che fosse tutto in regola e si sentisse bene; ricordo ancora il momento in cui mi voltai e vidi la Rocca stracolma. Al solo pensarci ho i brividi e mi commuovo. La terza edizione ha visto protagonisti tra gli altri gli svedesi Priest (‘Obey’), di cui ancora si parla a Serravalle per le loro maschere ed un ibrido tra synthpop e industrial davvero letale, Casablanca (‘Minuetto’), Manitoba (‘Si Ritorna A Casa’ è una delle canzoni pop più belle uscite in Italia negli ultimi tempi) e The Bankrobber (la pazzesca ‘Closer’). In occasione della quarta, con due headliner stranieri come Holy Nothing (‘Ruído’) e Isolated Youth (‘Warfare’) e gruppi italiani di prospettiva quali Life In The Woods (che si sono dovuti esibire nella Chiesa di Santo Stefano causa temporale), Piqued Jacks (‘Eternal Ride Of A Heartful Mind’), Nevrorea (‘Karmaboy’) e Uncledog (‘Let Me Dive’), è stato deciso di riassumere i primi anni del festival con questa compilation che ne esalta lo spessore qualitativo ed il messaggio. In scaletta anche pezzi inediti come ‘Machine Gun’ dei King Mastino per trasmettere l’attitudine di chi ha un po' più di esperienza alle spalle.Inutile dire che tra questi solchi digitali troverete sudore, notti insonni, passione, problemi, contratti, bonifici, tutto il delirio che può esserci dietro all’organizzazione e alla gestione della sicurezza di un evento che ogni estate mette in primo piano la musica. Serravalle Rock necessita almeno otto mesi di preparazione, contatti, schede tecniche, richieste economiche, programmazione e decisioni non sempre facili da prendere. Significa incontrare amici e fan, stringere rapporti con musicisti e fotografi, ricaricare il telefono ogni tre ore, correre da una parte all’altra per giorni e giorni. Uno stress enorme che di colpo, magicamente, svanisce quando iniziano i concerti. Personalmente sono onorato che venga pubblicata da un’etichetta come Vrec perché sul nostro territorio sono in pochi a credere davvero nelle band emergenti ed ancora meno quelli che lo fanno con professionalità e lungimiranza. Aggiungo che non riesco a togliere l’album dallo stereo della macchina. Sono di parte ma ritengo sia stato fatto un buon lavoro, destinato a rimanere per sempre.