Questo disco è bellissimo. Possiamo partire dalla fine di una recensione e piazzare il suo giudizio ab origine per rendersi conto di come sia stato eccellente il come back di Moltheni. Ad onore del vero questo, però, non è un vero e proprio lavoro nuovo messo sul mercato dall’artista di Sant’Elpidio A Mare, dal momento che le canzoni presenti su “Senza Eredità” sono dei veri e propri inediti che Umberto Maria Giardini non volle inserire sui suoi album ufficiali quando si faceva ancora chiamare Moltheni. Alla luce di quanto affermato, possiamo tranquillamente sostenere che si è trattato di un vero e proprio peccato mortale, dal momento che questi sono undici pezzi di classe assoluta che possono essere considerati come dei veri e propri gioielli. All’interno del disco si trovano tanti generi mescolati tra di loro, anche se la base fortemente acustica è quella che prevale su tutto. Sebbene la voce del Nostro ricordi parecchio quella eccezionale di Manuel Agnelli, tutto questo non condiziona il prodotto finale. Ci sono tante canzoni di qualità assoluta, a partire dalla pop “La Mia Libertà”, per continuare con la rockeggiante “Il Quinto Malumore” e per concludere con le semplici, ma incredibilmente meravigliose “Ester” e “Spavaldo”. Ci si domanda, dopo aver ascoltato più volte “Senza Eredità”, come brani di questo spessore siano stati incredibilmente esclusi dalla discografia ufficiale di Moltheni. Sarà perché oggi davvero la qualità è rarefatta, sarà perché si è fortemente nostalgici dei tempi andati, ma la verità è che questo lavoro non può non essere considerato come un punto fermo della produzione di Moltheni. E la cosa più incredibile è che sembra che ci siano altre canzoni a cui l’artista non ha voluto mettere mano durante il suo periodo di massimo splendore e che sono lì ferme a ristagnare nel dimenticatoio. Fossimo in Giardini, le andremmo a prendere di corsa per pubblicarle immediatamente. “Senza Eredità” si colloca come migliore disco del 2020, sebbene sia un prodotto oscillante tra gli anni 90 e quelli di inizio secolo. Chiediamoci, ancora una volta, il perché quelli sono stati i migliori anni della nostra vita.