Vuoi per lo stress mentale ed economico risultante dalla pandemia e vuoi per le pressanti richieste da parte dei fan di vecchia data, gli americani si sono chiusi in studio e hanno dato alle stampe un disco che si colloca idealmente a metà tra ‘The Crusade’ e ‘Shogun’, con invettive thrash e NWOBHM in quantità. Le sperimentazioni di alcuni lavori successivi sono un ricordo e la produzione di Josh Wilbur (Lamb Of God, Hatebreed) asseconda il guitar work di Matt Heafy e Corey Beaulieu, dal taglio più epico e progressivo, e permette di godere appieno sia della tracce più potenti (‘Like A Sword Over Damocles’) sia di quelle dotate di un profilo melodico accentuato (‘No Way Back Just Through’). Ihsahn ha messo mano allo strumentale iniziale e singoli come ‘Feast Of Fire’ e ‘The Phalanx’ danno la misura di quanto sia cresciuta la band originaria della Florida in tutti questi anni. Gli apici sono però composizioni come ‘A Crisis Of Revelation’ e ‘The Shadow Of The Abattoir’ in cui ogni musicista riesce a mettersi in luce, compresa la sezione ritmica formata da Paolo Gregoletto e Alex Bent, e la passione per l’heavy metal europeo si concilia con l’influenza del metalcore a stelle e strisce. La trilogia iniziata con ‘The Sin And The Sentence’ e proseguita poi con ‘What The Dead Men Say’ non poteva chiudersi in modo migliore.