1. Act 1 - A Satanic Baptism 2. Act 2 - Alchemy And The Magic Circle 3. Act 3 - Transvection
Songs
1. Act 1 - A Satanic Baptism 2. Act 2 - Alchemy And The Magic Circle 3. Act 3 - Transvection
Dopo il durissimo ‘Moonchild’ , Zorn torna a colpire con ‘Astronome’ secondo capitolo del nuovo progetto partorito dalla mente lucidamente visionaria e provocatoriamente ambigua del compositore americano che, come in altri suoi progetti non compare in prima persona ma rimane dietro le quinte a tessere le trame del suo poliedrico e sfaccettato ‘mondo musicale’. E più che mai il lavoro appare ispirato dall’attrazione e fascinazione che il nostro nutre da sempre verso l’arcano universo delle arti occulte, mistiche, dalle pratiche magiche del diciannovesimo e ventesimo secolo. L’intero lavoro è dedicato alle stesse tre figure guida presenti in’Moonchild’: il mago e filosofo Alister Crowley, il poeta e drammaturgo maledetto Antoine Artaud ed il geniale compositore E.Varese. Anzi, nel superbo libretto dall’artwork assolutamente azzeccato, Zorn rivela che ‘Astronome’ prende nome e spunto da una collaborazione –mai terminata- proprio tra Varese e Artaud recuperando teoricamente vecchi esperimenti ermetici del teatro ottico, la tecnica compositiva dei file-card, dando così vita ad una sorta di ‘coceptual-magical-work’ in tre atti. Qualcosa di magico e demoniaco pervade realmente ‘Astronome’ a partire da l trio : ancora Baron-Patton-Dunn, gruppo di devastante energia in cui la poliritmica batteria di Baron ben si combina con il basso dalle tonalita’ sporche e metalliche di Dunn e la voce potente,selvaggia, violenta di Patton assoluto protagonista di una ‘messinscena gotica e infernale’ in cui cortocircuiti spiazzanti di marca black metal-noise si innestano su sinistre atmosfere improvvisative, brevi incisi dark ambient , vocalizzi e urla devastanti e luciferine: in fondo tutto un rituale di segni ampiamente codificati, riconoscibili di un qualche/qualsiasi death heavy metal band di buon livello che forse solo la straordinaria qualita’ dei musicisti e la sapiente e geniale regia zorniana salva, in alcuni momenti, dal cadere in una certa ‘prevedibilità’ e da alcune ‘fasullaggini’ e ‘artificiosità’ di maniera.