Dopo ben sei anni di silenzio, numerosi cambi di formazione e palesi crisi di identità, ritornano sulla scena i Bloc Party che conobbero il loro massimo splendore tra il 2005 e il 2010 grazie a due album fantastici come il dinamico “Silent Alarm” e l’intrigante “A Weekend In The City”. L’ispirazione di quel periodo d’oro, sfortunatamente, non si è più ritrovata nel corso dei lavori successivi, a causa anche dei problemi che abbiamo citato in precedenza. Tutto questo clima di incertezza che ha aleggiato sulla testa del gruppo non ha deposto bene alla vigilia anche per “Alpha Games” che appare, comunque, come un buon salto in avanti rispetto al triste passato recente. In primo luogo va detto che trovano nuovamente risalto le chitarre di Russel Lissack che prova a dare un sound più ruvido alla band in cui svetta sempre la voce atipica e anni ottanta di Kele Okereke, da sempre tratto distintivo dei Bloc Party. L’uso dell’elettronica è più rarefatto, ma le atmosfere algide e grigie sono presenti in buona quantità, come ai tempi degli esordi. Sotto il profilo delle canzoni, vi sono episodi molto dignitosi come l’opener “Day Drinker” e “Sex Magic” che ci fanno capire come lo smalto e la capacità compositiva del quartetto non siano fortunatamente andati in naftalina. In alcuni casi si sperimentano territori funkeggianti “(You Should Know The Truth”), mentre in altri vi è un ritorno a un uso della jungle soft (“Callum Is A Snake”). Probabilmente, per un gruppo che ha sempre abbinato il rock con la ballabilità, ci sarebbe stato bisogno di qualche altro episodio più ruggente che si stenta a trovare, sebbene il songwriting non scende mai sotto la sufficienza. Insomma si potrebbe dire che lo studente ha svolto il compitino in modo diligente, ma che non si è applicato abbastanza, nonostante le sue indubbie qualità. Li aspettiamo al prossimo compito in classe, sperando di alzare il voto da sei a qualcosa di più.